È stato il vino dei padri a farci rincontrare.

imageNon ho mai fatto mistero che fu il Gattinara di Travaglini, per il tramite di una qualche vendemmia antica, ha palesarmi la mia inguaribile nebbiolo dipendenza: non l’austero Barolo o l’elegante Barbaresco, che pur amo visceralmente, e nemmeno l’eroico valtellinese, che mi commuove tutte le volte al suo assaggio, bensì il fresco, ed a volte un po’ rustico vino che viene dal piccolo Comune su cui cala l’ombra dell’imponente Monte Rosa. Che cosa mi ha mai dato di più? Credo in realtà nulla, se non una, appunto, antica emozione intellettuale e contadina.

Ed incredibilmente ieri la degustazione di ben 7 diversi “nebbioli” di Travaglini organizzata dalla delegazione Ais di Brescia, mi ha concesso una ulteriore nuova emozione legata al reincontro conviviale con vecchie amicizie che da tempo non vedevo, ed a cui sono legato da genuino affetto.

Ed il vino? Managgia!!!!! Mi ha proprio deluso. Non ho ahimè ritrovato quella vibrante emozione che faceva scuotere le mie corde…Segno del mio precoce invecchiamento? Abitudine alla beva di qualità? Stanchezza? Le tengo valide tutte, ma la mia nebbiolo dipendenza ha avuto ieri sera un cedimento. Intendiamoci: tutti i vini, compreso il nebbiolo “base”, erano più che corretti se non addirittura di pregevole fattura, ma tutti privi di quel daimon che ricerco con ansia nel “campione”. Anzi mi sono ritrovato con un dubbio in più (di facile lettura): i vini con 5/6 anni di invecchiamento sono apparsi assolutamente più evoluti, con sviluppate note terziarie, rispetto alle riserve di oltre 10 anni (al palato assolutamente giovanili e fresche); capisco il mercato e la necessità di liberare le cantine, ma dov’è finita la poesia di stappare un nebbiolo di numerosi lustri (che poi sono quelli che piacciono a me)?

A mio profano giudizio: notevole il Gattinara riserva 2010, punto interrogativo per le tanto blasonate riserve 2006 e 2005 (evolveranno bene o rimarranno delle eterne gioventù incompiute, decadendo immediatamente con la futura ossidazione?). Deludente (anche un bel po’) “Il Sogno” 2010: un po’ Sfursat ed un po’ Amarone ma senza carattere e convinzione della propria identità.

d.c.

Fama e sorpresa

Celeberrimo il cru di Corvina veronese da cui gli ancora più famosi Allegrini producono un vino oramai passato nella leggenda ossia La Poja. Oggi ho avuto la fortuna di aprire un esemplare del 2006, figlio di un’annata importante. E la nobiltà della vendemmia è tutta riscontrabile nel bicchiere: vino importante e complessissimo fin dall’olfatto giocato su note terziarie travolgenti tra cuoio, tabacco e prugna disidratata. Al palato fine ed elegante, mai troppo invasivo, ancora di puntuale freschezza.

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E poi divertirsi a cercare tra le cataste di bottiglie qualcosa che possa assomigliare, per provare un confronto: Igt 2006 La Poja vs Igt Corvina Veronese 2011 di David Sterza. Apparentemente imparagonabili (anche in punto di prezzo) rincorro il paradosso… E mi azzardo a far seguire il più giovane (e minimamente titolato) alla celebrità! Inchiostro alla vista, meno consistente nella rotazione del bicchiere rispetto al decano: sottotono l’aspetto olfattivo in tema di intensità ma i profumi sono eleganti e giocati su note di frutta dolce scura. In bocca… La sorpresa! Gradevolezza di altissimo livello, rotondo, freschissimo, tannino già setoso, di persistenza infinita. Evidentemente da tenere con tranquillità in affinamento per qualche anno ancora.  Bottiglia che se ricordo bene viene a casa con voi con meno di 10 eur.

 

 

Mjère 2014

Caldo e carico di rosso fuoco come solo un tramonto salentino sa essere. Vendemmia, la 2014, particolarmente generosa di calore alcolico e di un fresco frutto rosso che riempe il palato e che inneggia ad un altro calice.

Non so cosa mi abbia spinto in pieno inverno ad aprire una bottiglia, una di quelle che rubo costantemente dalla cantina di Paolone, tipicamente estiva: sì perchè proprio in una calda estate salentina di una decina di anni fa è nato il mio amore per questa cantina pugliese (Michele Calò e figli); assaggiato quasi per sbaglio presso il ristorante Angolo Blu di Gallipoli, fu colpo di fulmine! Ridegustato qualche giorno dopo (credo che si trattasse della vendemmia 2005) a Santa Maria di Leuca (una foto nei miei ricordi immortala gamberoni crudi, bottiglia nel ghiaccio e 4 piedi direttamente nel mare più bello del mondo…) non poteva non far schioccare l’immortale scintilla.

90% Negroamaro 10% di Malvasia Nera Leccese, Indicazione Geografica Protetta. Da quella qui raccontata ho avuto la fortuna di degustare altre 5 vendemmie: nessuna come quella del 2014 mi ha dato  però l’impressione di tanto calore e frutto, pur su una apprezzabile struttura di acidità. Vendemmia particolare o cambio del progetto commerciale dei rosati salentini? La vendemmia 2015 ci darà la risposta! Paolone per quando hai prenotato le ferie?20160306_162235