On attend Emmanuel

Vive la France! Vive la France!!! Non troppo, anzi per nulla interessato alle vicende presidenziali transalpine, ho ben pensato di festeggiare il futuro Roi de France nell’unico modo che io conosca.


Champagne. Blanc de Blancs di uno dei Grand Cru a me graditi: Bouzy.  BARON DAUVERGNE. Elegante, cremoso, infinito al palato, il perfetto accompagnamento a qualsiasi cosa.


Ma non contento e seriamente intenzionato ad intonare al meglio la Marsigliese ecco la vera perla della serata:

Chablis, Grand Cru, Vaudésir, 2007, Jean-Paul & Benoit DROIN.


Un colpo di cannone! Scende nel bicchiere con una veste giallo oro, non intensissima, dando attesa di un prodotto perfetto, di incredibile concentrazione ed intensità. Ed all’olfatto di nuovo un colpo di cannone! Se ne percepisce nettamente il tipico (tipico solo nei grandi Chablis) profumo di canna da fucile ovvero di polvere da sparo, ma poi qui dentro c’è tutto! C’è un’intera macedonia di frutta gialla matura, con spruzzate d’agrumi. Ma c’è anche una leggera speziatura di erbe aromatiche. E’ talmente affascinante e perfetto che non riesci ad allontanare il naso dal bicchiere, e l’ossigenazione del liquido ora esalta alcuni profumi, ora altri, mantenendo un equilibrio sempre mirabile. Al palato la rotondità della concentrazione, ammorbidita da una componente di alcool (13,0% vol. inusuale) e polialcolica impressionante, anche qui perfettamente equilibrata da una freschezza che seppur non sferzante regge l’intera tessitura strutturale. 

Allons enfants de la Patrie….

d.c.


Albino Rocca, Barbaresco DOCG 2013.

Mi ha sempre emozionato nonchè suggestionato, fin da giovanotto, quella strada Rabaja che risale il dolce crinale della collina, e soprattutto quella via che si apre a destra: la Strada Giro del Mondo. E ti domandi (e mi domandavo): dove porterà? Da nessuna parte! Sei arrivato! Tutto il mondo è lì! Sei nel (mio) cuore del Barbaresco!

Frequento queste bottiglie da anni, e da anni bevo Albino Rocca (che in realtà è qualche decina di metri prima del Giro): è con queste bottiglie che ho compreso la mia incurabile nebbiolodipendenza.

E di conseguenza, anche questa volta, vale il silenzio…

d.c.

Cherubino, Az. agric. Pomodolce in Montemarzino, Vino da Tavola. Marca Obertenga.

Scopro, ma solo dal sito internet (di discreta fattura) che trattasi di un assemblaggio di Barbera al 85% e complemento a Croatina. 4.000 bottiglie prodotte. Raccolto in un mio passaggio per le terre di Tortona.  Presumo, dalla retroetichetta, vendemmia 2013. Note di degustazione? CHE BUONO!!! Inaspettatamente buono, straordinariamente sorprendente! Appare nel bevante con un vivido rosso rubino, sinamai brillante (lo so, lo so che non è l’aggettivo tecnicamente più appropriato, ma ne è sicuramente la caratteristica più rappresentativa). Profumi tenui, puliti, di frutto rosso, molto eleganti. Ma è in bocca l’accelerazione di qualità: molto fresco, avvolgente, con il frutto rosso di prima (forse su tutti il ribes) che rende l’assaggio gustoso ed appagante. Di giusta persistenza, non troppo impegnativa, ma che invita al prossimo sorso (pericoloso visto un grado alcoolico non propriamente di immediata digeribilità). Buono, buono, buono…. what else?

La curiosità invoca il desiderio di rintracciare Timorasso e Nebbiolo dello stesso produttore…

d.c.


Per fortuna almeno l’indirizzo internet… solo per capirne qualcosa di più!

  1. Tappo a vite! Ma il vino ha apparentemente quasi 4 anni, e non solo è perfetto, ma direi che è assolutamente giovane.

Panorama.

Baitinin 2016, Berry and Berry.

Assemblaggio di Vermentino e Pigato per questo vino che osa la tavola snobbando la denominazione e presentandosi con un habillage tipico per un whisky… Potrete immaginare la curiosità. Curiosità ben ripagata da una bevuta di notevole struttura: olfatto pulito, con fiori di campo, ma una decisa e gradevolissima nota salmastra. L’esplosione in bocca, tra una acidità sostenuta e la ribadita nota salina, che allunga i tempi della persistenza gusto olfattiva.

d.c.


Pigato 2016, Enrico Dario, Riviera Ligure di Ponente doc

Ha dentro l’estate questo Pigato, semplice, sincero, che ha accompagnato la straordinaria cena a base di pescato “vivo”.

Prati fioriti. Acidità pulente; ma soprattutto è la nota salina la caratteristica che sorregge la bevuta ed accompagna il naturale abbinamento a piatti ittici, siano essi di crudo, che frutto di una cottura in casseruola. 

Prezzo? Io l’ho pagato 7 Eur! Fuori di testa!

d.c.



Se passate di qui, la sosta è obbligo!

Prosecco Superiore DOCG Extra Dry, Conegliano Valdobbiadone, Le Fade, Az. agric. Luca Ricci.

Le regole sono regole! E la regola che si sono dati, qui in questo cahier dei ricordi, i nostri 3 Winesnobs è che quando un vino non va…. proprio non va! E nonostante la nostra atavica sete, che spesso aiuta a perdonare qualche difettuccio, quando un vino non racconta nulla, è inutile salvarlo alla lettura e soprattutto dal consumo dei nostri innumerevoli lettori!

Inespressivo, senza sostanza: olfatto inesistente, struttura al gusto sorretta esclusivamente da un assaggio ghiacciato. Persino la dolcezza ricercata è sottotono. Dedicato ad aperitivi anonimi…

d.c.


Usti!!!

A tanto si sarebbe spinto il nostro D.T. preso da un precoce entusiasmo da ossidazione dettato dalle note di un Carat 2012 di Bressan, a dire la verità non particolarmente straordinario. Per onore di cronaca sarà poi proprio lui a divenirne il più acceso detrattore.  

Siamo finalmente insieme, in un locale un po’ magico, e con noi due graditissimi ospiti.

La serata inizia con una bollicina: un Franciacorta ben fatto, naturalmente NON DOSATO, paradigmatico della via che secondo noi i produttori franciacortini devono percorrere. La bottiglia evapora rapidamente, la sete è tanta. Raddoppio?…


… No! E’ il momento in cui D.T. si perde nella carta dei vini, approdando ai lidi goriziani di Bressan.

I sentori olfattivi sono interessanti, tra il balsamico e le note rilassanti di una tisana di fiori; puliti ma di una intensità tenue per quanto farcita di ossidazione. Ossidazione che ha inciso sul colore del vino, oramai già virato a colori tra il rosato e l’arancia(ta) pur essendo un assemblaggio del classico Tocai Friulano, Malvasia e Ribolla Gialla. Vendemmia 2012. Vinificazione studiata per produrre vini da invecchiamento: non questo! Debole in tutte le sue caratteristiche organolettiche, persino deludente in punto di acidità al palato. Piatto, senza emozioni. 


A questo punto era necessaria la virata! Al nostro tavolo è presente un grande, grandissimo produttore dell’OltrePo. Perchè ulteriormente rischiare: “Andrea, portaci qualcosa di tuo…” Ed ecco che compare un appena imbottigliato pinot nero, senza etichetta, senza orpelli, ma con un’anima immensa. Semplice, ma non banale, corretto in tutti gli elementi attesi, fresco si (anzi all’inizio anche un po’ freddo…) ma capace fin da subito di zittire gli astanti, segno di fascino e grande profondità. Il vino ti parla, ti racconta della sua sincerità e della sua purezza; il frutto croccante nella sua polpa, ti sfama: ecco l’emozione che cercavamo.

A compimento del miracolo, un regalo: il cuoco, il magico Michele Valotti ci invia un suo regalo, un test per la prossima carta. Perfetto!


Rimaniamo in OltrePo e rimaniamo sulla purezza di un “Sangue di Giuda” tipico, suadente, chiacchierino, che addolcisce il nostro palato ed i nostri pensieri. Sono vini antichi, persa la loro funzione “alimentare”, funzionano da porta sul passato, parlano di chi e cosa eravamo, pur con dialetti diversi.


…la fortuna della felicità…

d.c.

Ma è nato prima l’uovo o la gallina?

O meglio: è nata prima la straordinaria coppa e l’impareggiabile pancetta piacentina o il gutturnio frizzante? Credo che rappresentino un binomio imprescindibile, quasi un postulato euclideo. E per cui nel rincorrere ed anelare ad antiche vendemmie di Chateaux, nel sognare Baroli ottuagenari e Supertuscan da milionari, evviva evviva il tanto umile Gutturnio frizzante, sontuoso cerimoniere delle tavole più frugali, più spontanee e genuine…

Credo che la cantina in esame oggi sia tra i grandi interpreti del Gutturnio, ed in particolare modo di quello spumoso e frizzante; ma questa volta mi sono tolto lo sfizio di verificare la tenuta nel tempo di questi vini, attesi normalmente a pronto consumo. E devo dire che la prova è stata superata con grande onore: forse ha perso un po’ di esuberante freschezza, ma anche di rusticità (a volte un po’ troppo invadente), mantenendo un bel profilo intensamente fruttato, pulito, senza cadere in quei sentori di buccia di salame, troppo spesso incontrati in rossi mossi “passati”.

Questa sera perfettamente sposato ad una culaccia da lacrime di commozione proveniente da Perino in Val Trebbia.

d.c.


Giorgi 1870  Gran Cuvée storica 2011.

Pinot nero delicato, tenue, appena appena sussurrato. Abituati come siamo noi “franciacortini” a pinot di carattere, a volte muscolosi, a volte persino rustici, lascia spiazzati questa eleganza che non lascia traccia. Questa leggerezza era già stata definita come cifra stilistica in precedenti avvicinamenti alla cantina, già “postati” anche qui nel nostro petit cahier. Pluripremiato dalle Guide con bicchieri, gujot e chi più ne ha più ne metta…il vino è perfetto, ma… non mi ha pienamente convinto!

d.c.


Retroetichetta: non vi pare un po’ troppo piena?

Sigillo particolare.


Il tappo perfetto.

Amarone della Valpolicella classico, Campomasua, Venturini. 2006

Scende nel bicchiere con grevità glicerica, ma il colore è vivo e di affascinante vividezza. L’olfatto, giocato su note di frutto rosso avvolgenti, e su una netta sensazione di smalto,  non dell’intensità attesa dal “camino” alcoolico: c’è però una nota polverosa, incerta, non pienamente appagante. Forse ha bisogno di liberarsi dai 2 lustri i restrizione, probabilmente migliorerà con la serata, o forse ancor più domani…La qualità del campione però in bocca: equilibrio misurato e complesso. La nota alcolica, dalla presunta non contenibilità, è in realtà bilanciata perfettamente dalla componente acida, perfettamente anch’essa camuffata nei ritorni fruttati della retrolfattazione, e da una nota tannica decisa, morbida ma non completamente arrotondata: e mentre ti aspetti il calore nel cavo orale, le papille “sudano”freschezza. Da rivedere…domani!

d.c.

La retroetichetta… un po’ retorica ed autocelebrativa. Io sottolineo solo il volume alcoolico.

Il tappo assolutamente perfetto.