Ferrari Perlé Zero 10: non solo Giulio Ferrari Riserva del Fondatore

Il Perlé Zero 10 è stato presentato dalle Cantine Ferrari nel settembre 2017 e segue l’uscita del “Bianco Riserva” (assolutamente da provare) per completare l’offerta della collezione Perlé.

Lo “Zero 10” (dall’anno della messa in bottiglia) è un nature composto da un mosaico di millesimi delle vendemmie 2006, 2008 e 2009. Raffinato chardonnay di montagna invecchiato in acciaio, legno e bottiglia per un sofisticato assemblaggio da cui ne sgorga, dopo almeno 6 anni sur lies, un “non millesimato” (o con più enfasi un “multivintage”) davvero interessante.

Degustato nell’autunno dello scorso anno, non mi aveva completamente convinto, la sensazione di legno la faceva da padrone forse a causa della ravvicinata sboccatura.

Ad alcuni mesi di distanza si presenta nel bicchiere con riflessi dorati e un perlage di tutto rispetto (finissimo e infinito) al naso spicca il frutto: sentori di pompelmo rosa, ananas, zenzero fresco con un finale leggermente balsamico. Non manca quindi l’eleganza aromatica anche se, a dirla tutta, non emergono la fragranza e la tostatura che ci si aspetterebbe da un Trentodoc di così elevato standing.

In bocca risulta preciso, avvolgente, pieno ed equilibrato con una buona persistenza aromatica. Una bollicina di grande struttura, a cui del resto la famiglia Lunelli ci ha abituato, a partire dall’ineguagliabile Riserva del Fondatore.

Ottimo l’abbinamento con del sushi o con crostini burro e acciughe del mar Cantabrico

R.R.

Ciampagnis Vieris 2015. Vie di Romans.

Lo Chardonnay che non ti aspetti. O perlomeno che non ricordi!

È per me un abominio stappare una bottiglia, a cui auguri, perlomeno, 15 anni di vita. Eppure sono stato io stesso autore di cotanto (ed efferato) delitto. Ma un vino, quando è grande, è capace di essere straordinario in ogni fase della sua evoluzione. E così questo Chardonnay, di provenienza friulana, di modello borgognone, e di imprevedibile gioventù ha illuminato una già buia serata. Al naso scatena con improvvida intensità, come solo un ragazzino sa fare, il calore del sole: c’è di tutto in quella cascata di profumi, dalla frutta gialla matura ai fiori di campo, passa da erbe aromatiche sino alla burrosità tostata dei legni di fermentazione. C’è l’albicocca, il pompelmo rosa, la banana, e poi la salvia. In bocca ti scarica la sua iniezione da torpedine, ti stordisce tutto appoggiato sulle durezze, che celano completamente le rotondità alcoliche, la cui presenza è rilevata esclusivamente dalle note in etichetta. Si muove al palato, vibra… continua a vibrare: è una persistenza tattile. Infinita.

d.c.

Bolla sibillina

Viene dalle Marche, ma non è un Metodo Classico dell’Adriatico, anzi lo Chardonnay cresce sulle pendici dei Monti Sibillini, da vigneti coltivati in altura. Dal colore molto tenue, con bollicine persistenti nonostante una dimensione non propriamente minuscola. I profumi sono freschi, sanno di primavera, di bouquet fioriti e di una percepita nota di polpa d’uva croccante. In bocca la struttura è tutta sbilanciata sulle durezze, tanto sbilanciata da non far mai filtrare la nota calorica apportata da un volume alcolico sicuramente fuori standard per i vini spumanti.

Incontro avvenuto in un ristorante lodigiano in carta ad un prezzo (40 euro) non adeguato.

d.c.

Amarone della Valpolicella classico, Campo Masua 2009. Venturini.

Versato nel bicchiere appare come inchiostro impenetrabile. Il naso viene attirato da freschi profumi di more e da una inconfondibile prugna essiccata. In bocca è rotondo, morbido, ma ahimè un po’ troppo sfuggevole: la ricerca e l’attesa di rimanere avvinghiati ad una scia di persistenza risultano deluse. Di contro risulta impressionante l’equilibrio espresso, che non lascia mai prevalere il calore acceso da un volume alcolico muscolosissimo.

d.c.

Ma allora come la mettiamo con le sboccature?

Sboccature recenti? Sboccature datate? Questo è il problema! C’è chi dice che il degorgement non incide sull’invecchiamento del vino (ovvero il vino invecchia ed “ossida” indipendentemente dal momento della liberazione dai lieviti); c’è chi è convinto (ed io sono tra questi) che la sboccatura sia la venuta al mondo del vino prodotto con Metodo Classico, e che da quell’attimo inizia la sua evoluzione fino alla sua estrema maturità.

Le due ultime bottiglie di un mirabile Pas Dosé 2006 di Majolini. Identica sboccatura (giugno 2011). Identica (e vi assicuro curatissima) conservazione. Identica temperatura di servizio. Ultima uguaglianza: il colore, un bel giallo dorato, firma autentica di matura evoluzione. Ma la prima bottiglia con una netta sensazione ossidativa, non ancora sgradevole, ma oramai invasiva. In bocca poi tutto viene assorbito da una cremosità, vera cifra degli anni trascorsi e per questo affascinantissima. Ma che dire della seconda bottiglia? Un assoluto monumento: i profumi sono intrisi di succo di agrumi già dolci, ma anche, distintamente, di frutta secca (in particolare una mandorla tostata che sarà elemento di marmorea persistenza in bocca). Al gusto è rotondo, pieno, ancora duro ed impressionantemente lungo su quella nota amarognola tanto piacevole.

d.c.

Tenuta Villa Crespia, Riserva Francesco Iacono 2007 dosaggio zero

Non credo che i nostri 3 lettori potranno imputarmi un eccesso di critica: ho speso molte volte parole entusiastiche per i prodotti dell’Azienda agricola Muratori, caratterizzati da un fattore qualità/prezzo impareggiabili. Ma questa volta il prodotto forse “principe” tra i Franciacorta della Tenuta è apparso deboluccio: alla vista bellissimo, con un perlage minuscolo ed infinito. Profumi netti di frutta gialla e fiori bianchi, ma non impressionanti né per intensità né per complessità. In bocca è pulito, è graffiante, ma scivola via rapido, troppo rapido per le attese di nobiltà riposte su quel bicchiere, visti i 10 anni sui lieviti.

d.c.

A LAZISE L’ANTEPRIMA DEL CHIARETTO : LA NUOVA ANNATA 2017

Lazise 11 marzo 2018.

Da tempo le rive del Lago di Garda ospitano importanti manifestazioni vinicole, tra queste dobbiamo citare “ITALIA IN ROSA “, la più importante rassegna nazionale sui vini rosati oramai conosciuta anche a livello internazionale ( quest’anno è prevista l’undicesima edizione). Benvenuta quindi una nuova iniziativa ben organizzata e di grande qualità questa ANTEPRIMA che dà vita ad una sinergia tra produttori bresciani e veronesi dedicata esclusivamente alla promozione e valorizzazione del CHIARETTO , vino sempre più apprezzato dai turisti che numerosi affollano le sponde del Benaco.In realtà le due zone geografiche seppur vicine esprimono tipologie e filosofie produttive significativamente diverse. A fattore comune ed elemento di richiamo per il consumatore il colore, che è diventato nel tempo la principale chiave di successo commerciale.

Scendiamo con maggiore dettaglio nell’analisi delle due denominazioni.

Chiaretto Valtenesi

  • La produzione del Chiaretto Valtènesi si colloca ad occidente del Lago di Garda, dal comune di Salò fin giù al comune di Desenzano
  • Vitigni utilizzati Groppello ( min 50% ), Sangiovese –Marzemino- Barbera con la possibilità di uvaggio con Vitigni internazionali ( max 10% )
  • Origine del colore

Il colore è dovuto al breve contatto durante la macerazione delle bucce con il mosto (dalle 2 alle 10 ore ) da cui anche la nomea di vino di una notte. Il colore che si ottiene è generalmente molto tenue ( petalo di rosa ).

Non è un vino facile da ottenere. È pensato e veramente seguito attentamente. L’ottenimento del colore è la realizzazione di un progetto, meditato a priori, ed è necessario avere piena coscienza dello stato dell’uva: piccole varianti di maturità della materia prima portano a risultati inattesi.

  • La presentazione sul mercato è dal 14 Febbraio successivo alla vendemmia.

IMPRESSIONI DI DEGUSTAZIONE

       

I produttori presenti alla manifestazione erano 22.

Abbiamo apprezzato:

  • Il CHIARETTO ROSA DEI FRATI 2017 ( Ca’ de frati )

Profumi floreali e di mela verde. In bocca un gradevole sentore di frutti rossi,  fresco, sapido, persistente, perfetto equilibrio. Di facile beva….SEMPRE!

  • Il CHIARETTO ROSAMARA ( Costaripa )

Colore leggerissimo di petali di rosa. Il colore più tenue tra i campioni esaminati. Profumi di biancospino e amarena. Appena accennati, ma invitanti ed eleganti. Sapore persistente, fresco, armonico, retrogusto leggero di mandorle amare.

  • Il CHIARETTO 2017 ( Pratello )

Colore intenso rosa cerasuolo. Profumi floreali con sfumature fruttate. Sapore fresco, sapido, abbastanza intenso. Piacevole

  • CHIARETTO SELENE 2017 ( Cantine la Pergola )

Profumi con un lontano sentore di fragola e di confetto. Sapore fresco, sapido, una leggera tannicità finale.

Prescindendo dal rapporto qualità/prezzo che non abbiamo avuto l’opportunità di approfondire il giudizio generale è decisamente positivo. Abbiamo rilevato una discreta qualità comune a tutti i campioni degustati. Vini dal consumo piacevole prettamente estivo, con un certo fascino psicologico. Mai banali.

A tavola vanno serviti a 12/14 °

Si abbinano facilmente Con primi piatti si pasta, con i salumi, con carni bianche, guazzetti di crostacei. Sono grandi con le zuppe di pesce.

Longevità 2-3 anni.

Chiaretto di Bardolino

  • Il territorio di produzione del CHIARETTO DI BARDOLINO ha il confine a nord  con i comuni di Torri del Benaco – Caprino veronese, ad est dal fiume Adige, a sud dai comuni Sommacampagna – Valeggio sul Mincio, ad ovest dal lago di Garda – fiume Mincio.
  • Vitigni utilizzati Corvina-Corvinone-Rondinella-Molinara.

Il metodo di vinificazione è analogo al Valtènesi Chiaretto. Deve essere imbottigliato entro il 31 Dicembre dell’anno di vendemmia (disciplinare art. 5)

IMPRESSIONI DI DEGUSTAZIONE

I produttori presenti alla rassegna erano 43. Abbiamo scelto per la degustazione 18 vini, selezionati dal nostro Editore con attenta analisi e raffronto di una serie di Guide, privilegiando i produttori comunemente richiamati con buone valutazioni. Ci limitiamo qui perciò a dare un giudizio generale e qualche osservazione.

In qualche prodotto abbiamo trovato una punta un po’ intensa di tannicità (Ardiuni ), in altri una certa carenza di persistenza ( Bolla ), in altri ancora uno squilibrio verso le durezze ( Cesaretti ). Ci ha colpito, su tutti, Costadoro dal gradevolissimo profumo di fragoline di bosco, nel complesso invitante e piacevole. Qualcuno infine molto suadente, morbido, ci permettiamo di definirli“ ruffiano “ ( Il Pignetto, A. Piona). Generalmente comunque tutti corretti e gradevoli nonché di immediata beva pur nella loro semplicità ( Le Fraghe, Le Ginestre, Le Muraglie, Monte Zovo).

Si adattano ad abbinamenti con primi piatti a base di pasta, con qualsiasi condimento, con i risotti, i ravioli, il pasticcio di lasagne. Vengono consigliati anche con zuppe di legumi, pollame alla griglia, perfino con il bollito misto, con polenta e baccalà. Sul lago non può mancare il pesce.

Signori buon appetito!

Piano di Stio 2017, San Salvatore, Fiano Paestum IGP

Verde come il morso di un ortaggio sottaceto e poi tanto, tanto pompelmo: queste sono le pennellate gustative del sorprendente Fiano 2017, dell’ azienda agricola San Salvatore. Nonostante il recente imbottigliamento colpisce la forza dell’intensità olfattiva e gustativa, questa però già troppo sbilanciata verso le morbidezze di un calore alcolico esuberante. Ma la beva risulta appagata, grassa ed al contempo immediatamente ripulita da ritorni agrumati. “Versato” su crudezze ittiche ne ha completato il godimento.

d.c.

Compagni di merende

Capita di rado, troppo di rado, che si riesca a celebrare l’amicizia; quando poi la celebrazione avviene durante la settimana lavorativa allora la data merita di essere cerchiata sul calendario e testimoniata sul nostro diario di bordo.

Mai avevo incontrato il Franciacorta 1701 (prima azienda certificata biodinamica di Franciacorta), che l’Editore mi propone nella sua versione Saten (millesimo 2010 e sboccatura maggio 2016). Il colore è dorato, i profumi finissimi, un bel giallo bouquet floreale. Interessante, profondo, sorprendente. In bocca invece cambia completamente carattere: qui domina la frutta matura; non c’è ossidazione ma un amarognolo da mandorla tostata sul fondo. Il sorso è rotondo, forse un po’ “cupo”, assolutamente disallineato alle aspettative olfattive. Di sicuro un unicum nel panorama franciacortino.

Noi non facciamo pubblicità a nessuno, anche se trattasi di generosa azienda che ci ha omaggiato la bottiglia…

Ma la meravigliosa merenda continua con il Pinot “Mugnaio” di Egly-Ouriet” che si è meritato i versi lirici di D.T. qualche giorno fa…

… merenda…

d.c.

Abate nero extra brut

L’avevamo incontrato recentemente in una degustazione, e ci era piaciuto!La curiosità però di attenderlo alla “verifica della bottiglia” era troppa… Di bella veste paglierina e dalla bollicina fine e persistente, è sufficientemente intenso al naso, sicuramente fine, forse un po’ carente in complessità: affiora una netta nota di mela verde, croccante e forse un’affascinante nuance di mentuccia. Probabilmente la troppo recente sboccatura non ha permesso ancora al vino la corretta “digestione”. Di certo non sono percepibili note evolutive. In bocca è di una freschezza strabiliante, lineare, finissimo con un bel binario di persistenza. Di assoluta godibilità… promosso! Cercasi bottiglia di maggiore evoluzione per immediato consumo.

d.c.

Ricorda tanto il simbolo dell’Istituto del Talento… ma che fine ha fatto?