“Vini cella”

Le attese riposte erano ambiziose, forse un po’ sovrastimate. Il ricordo non sarà di quelli vibranti. Vincelles, la cui origine latina è fin troppo evidente, è al centro di un triangolo pericoloso (…): Reims-Epernay-Château Thierry. Ma sulle colline di Vincelles il vitigno principe è il Menieur. Sarà un paradosso o forse solo un condizionamento ma questo Blanc de Blancs non ha le caratteristiche specifiche del Menieur, ma lo ricorda moltissimo. I profumi presentano una piacevole fragranza da crosta di pane ed un po’ di frutta gialla estiva (più pesca che albicocca). Insiste molto una percezione di dolcezza generale, che si trasmette anche alla bocca, cremosa, rotonda, appunto dolciastra, molto lontana dai modelli citrini degli ultimi anni. È tutto composto, ma un po’ tutto sottotono.

d.c.

Ronco Pitotti 2015. Vignai da Duline.

Il colore giallo paglierino non troppo carico non svelerà la prepotenza imperiosa del divin liquido nel bicchiere. Grasso e fruttato come solo i grandi Chardonnay sanno essere: sembra d’ impostazione “burgundy”, ricordando nobili bottiglie di qualche anno orsono; ti inebria con effluvi di frutta gialla già maturata a melone e poi sprazzi di burro e nocciole che tracciano il passaggio in un legno di decisa tostatura. È complesso ed affascinante, e l’olfatto appare tanto appagante da trattenere la bevuta, che solo timidamente si approccia. Secco e rotondo, è un metronomo che ora secca le fauci e che ora le ammorbidisce e le stordisce con un tenore alcolico non impressionante ma affiorante. Bella lunghezza edibile.

d.c.

L’Élégance du hérisson

È un piccolo miracolo da nebbiolo: il colore è quello di un vino svinato da poco, vividissimo. Poi però avvicini il naso ai margini di vetro del bicchiere e ti domandi se ciò che “ascolti” sia possibile: dopo la prugna arriva il tabacco, il cuoio ed anche la castagna, ma cambia… cambia… continua a cambiare. È tutto raccontato, mai urlato, costruito su un’eleganza femminile da farti girare la testa. L’acidità in bocca ricorda la giovinezza già incontrata con gli occhi, freschezza che si è perfettamente amalgamata alla setosità di un tannino tutt’altro che disciolto. Persistenza senza fine.

d.c.

Raccolgo prove: quanto sa invecchiare un Franciacorta?

Cuvèe non dosata s.a. Sboccatura 2014. Nessuna nota ossidativa, ma un bel frutto maturo che riempie la bocca; poi improvvisamente un piacevole principio di speziatura abbastanza anomala tra i vini della zona. Conservata ottima acidità. Comincio a convincermi (ma sono ancora solo all’inizio…) che anche qui i vini sappiano maturare dopo la sboccatura. Continuiamo ad indagare: avanti un altro!

d.c.

Brunello Villa Poggio Salvi 2008.

L’ultimo Sangiovese mi aveva mandato un po’ in depressione… per fortuna questo mi ha un po’ rinfrancato con il mondo. Due lustri ma una struttura solidissima: bel colore rubino intenso che non lascia traccia ad ulteriori variazioni cromatiche. Grande intensità di frutto al naso, ma solo dopo aver lasciato l’ overture alle note di un mazzetto di viole. Poi affiora la prugna, anche un po’ disidratata, la mora e sfuma su sensazioni di fungo e cuoio. Bello rotondo in bocca, pieno, edibile pur all’interno di una scatola non scalfibile di freschezza e graffiato da un tannino non completamente smussato. Chiusura su note terziarie di piacevole lunghezza.

d.c.

Troppo sottile per essere ricordato

L’origine di natura prettamente commerciale, probabilmente per vendite da “scaffale”, non lo poteva aiutare a superare i pregiudizi dello scrivente (winesnob). Ma nonostante la “Riserva” ed i tanti anni accumulati, la bottiglia non verrà elevata al… Paradiso dei Ricordi (che è l’unica classifica accreditata alla mia tavola). Alla vista ancora di un vivido rubino giovanile che è riuscito a destare inizialmente numerose speranze. Poi però profumi piatti, monotóni e monotoni, senza alcuna profondità e concedenti solo una sensazione di succo di prugna. In bocca è rimasta solo l’acidità, effettivamente importante, ma il vino appare senza corpo; persino il tannino si è disciolto, lasciando una flebile traccia. Povero Chianti… povero Sangiovese… ma sarà veramente sia l’uno che l’altro? Va beh, non indaghiamo: basti la pena dell’oblio!

d.c.

Black Friday – cari amici – bollicine – “i Talebani” e i Cinesi

Sabato pomeriggio, gironzolo per il centro di Piacenza alla scoperta del Black Friday (ma perchè?) che si confonde nelle vetrine già addobbate per il Natale. Nel mio vagare ho l’inaspettato piacere di incontrare una coppia di carissimi amici e così faccio la conoscenza del loro neonato bimbo.
Quale miglior occasione per un brindisi, bollicina metodo classico ovviamente. E allora, in un lampo, il pensiero della combriccola va al barettino stile belle epoque (così come definito da d.c. in un post dello scorso giugno) nei pressi del Duomo. Conosciuto dai suoi appassionati frequentatori come da “i Talebani” (chissà poi per quale motivo?) qui vengono da sempre serviti per l’aperitivo salumi, formaggi e bocconcini davvero gustosi con ottima selezione di vini al seguito. Di recente agli storici proprietari, i F.lli Repetti (forse “i Talebani”?), è subentrata una gestione made in Cina che, fortunatamente per gli avventori, ha saputo mantenere lo standing e l’atmosfera del locale.
Ci lasciamo pertanto consigliare dalla proprietaria nella scelta tra i vari champagne della collezione Fier ce Fit (FcF), marchio dell’esportatore che ha riunito diversi petit vigneron (per lo più sconosciuti) delle zone più vocate alla produzione di questa eccellenza francese.
Andiamo di Perrot Batteux – brut nature – blanc de blanc (ovviamente mai bevuto). Giallo paglierino con brillanti riflessi verdolini, di fine e copiosa effervescenza. Naso soffice, essenza di agrumi, crosta di pane e poi mandorla. Riempie la bocca la vigorosa bollicina, cremosa, anche se forse un tantino esuberante. Inizio leggermente citrino poi mela e biscotto, il tutto soffuso e ben bilanciato, di facile beva. La persistenza, probabilmente influenzata dai decisi sapori dei salumi abbinati, pur essendo equilibrata ed elegante non risulta essere lunghissima. Pomeriggio che ha riservato una gradita sorpresa oltre a confermare questo locale quale punto di riferimento per i “viandanti”. Grazie agli amici per l’ottima compagnia di cui non dubitavo e congratulazioni per il piccolo. Come sempre in debito, ci vediamo alla prossima sbicchierata….. il Natale è alle porte e come ogni anno pioveranno bollicine.

R.R.

Ritornando a casa…

La curiosità ci ha portato a provare Champagne di “frontiera” esplorando i nuovi confini, ma ogni tanto è bello tornare a casa e ritrovarsi nella tradizione. Siamo a Sud Ovest di Reims: dalla piazza del Comune di Ecueil, le cui vigne sono classificate Premier Cru, si vede agevolmente La Cathédral de Notre-Dame de Reims. Siamo proprio sulle “Montagne”. Affascina fin dalla sua caduta nel bicchiere: giallo intenso, solcato da mille rivoli ed infiniti spilli. Profumi di calibrata intensità che spostano l’attenzione dal cestino di piccoli frutti rossi poco maturi alla tipica mirabelle, ma c’è, come al solito, altro: ci sono le spezie, c’è forse la carruba… In bocca è energia pura, taglia e “scossa” ad ogni sorso, con una uscita sapida quasi “marina”. Bentornato.

d.c.

Con una rosa hai detto…

Chiaretto fuori paradigma inseguito dalle attuali produzioni. Tenue nel colore e silenziosamente suggerito, profuma di petali primaverili, ancora non fiduciosi che il freddo si sia definitivamente congedato: ancora freddo lascia percepire proprio una nota di acqua di rose, per poi prendere coraggio (e calore) e far affiorare piccole fragoline di bosco. Stupefacente equilibrio in bocca, tanto da far pensare non corretta l’entità del volume alcolico oppure la delicatezza che ti accarezza il palato. Gradevole l’amarognolo lasciato da una scia di nobile sapidità.

d.c.

“…Rosa come un romanzo di poca cosa

come la resa che affiora sopra al viso

come l’attesa che sulle labbra pesa

rosa non è la rosa che porto a te…

Vinicio Capossela