Rincorrerò la banalità, ma credo che tutto su questo vino sia stato raccontato, sulla sua perfezione e sul suo fascino. Voglio solo lasciare traccia che sono anche io testimonianza della vibrante emozione che questo miracolo sa suscitare.
d.c.
Rincorrerò la banalità, ma credo che tutto su questo vino sia stato raccontato, sulla sua perfezione e sul suo fascino. Voglio solo lasciare traccia che sono anche io testimonianza della vibrante emozione che questo miracolo sa suscitare.
d.c.
“Messieurs…
ricordatevi che siete stati scacciati dal Paradiso Terrestre perché avete mangiato, non perché avete bevuto!…”
d.c.
Quanta potenza e quanto calore! Non siamo più abituati a questi “Rossi” da masticare. Il frutto rosso che ti riempie la bocca ti invoglia a morsicarne un altro po’, ma poi la felicità sale e la testa comincia a girare… L’ho azzardato su un semplice uovo al tegame ricoperto da abbondante “trifola”, e non avrei più voluto che quel momento finisse…
d.c.
Non potevamo che cominciare così…. Ronco Calino 2010
BUON ANNO
Iniziò tutto nel 2017 al Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti. Ricordo ancora chiaramente, nonostante il mio tenore alcolico elevato dopo i tanti assaggi, che sul finire della giornata percorrendo i lunghi corridoi stipati dai tantissimi espositori, venni attratto dalle artistiche etichette. Assaggiai così, per la prima volta i vini di De Vinosalvo piccoli vignaioli, su circa 4 ettari, della maremma toscana. Fu senza ombra di dubbio l’avvolgente e intensa profondità del Galfridus, presumo all’epoca annata 2012, che mi stupì e così, privo di alcun indugio, mi accaparrai una bottiglia. Ma si sa l’imprevisto a volte è dietro l’angolo. Si, in uno spigolo dello scaffale della mia cantina dove, poco tempo dopo, ho urtato la bottiglia che cadendo è andata in frantumi. Ora la rabbia monta sempre velocemente in queste circostanze, ma ricordo che quella volta ci rimasi davvero male: “tra le tante, proprio quella doveva rompersi!!”. Ne avevo solo una. E in amor si sa vince chi fugge, ero disperato!! Ma il destino a volte sa riservare piacevoli sorprese…..E così trascorsi ormai quasi due anni, qualche giorno prima della manifestazione riceviamo un invito dall’azienda De Vinosalvo a partecipare alla FIVI 2019 tenutasi a fine novembre a Piacenza. Ci accoglie Claudio all’ingresso omaggiandoci dei biglietti, a cui offriamo un piccolo souvenir gastronomico piacentino da gustare insieme ai suoi vini nel pomeriggio.Trascorriamo la piacevole giornata tra gli assaggi e le battute, unitamente al gruppo dei soliti noti come già accuratamente descritto da D.T. Eccoci quindi giunti da Claudio che unitamente ad Alison, australiana enologa della cantina, ci fa riassaggiare le loro eccellenze. Partiamo alti, nel bicchiere il Santàrio 2015 Shiraz in purezza frutto dell’esperienza maturata da Alison nella gavetta australiana sull’internazionale vitigno. Occhieggia il rubino nel luminoso violaceo, naso importante in cui nell’iniziale nota pepata emergono frutti di bosco e viola seguiti poi dal cioccolato. Sorso tosto, forse merita ancora un po’ di riposo, già comunque avvolgente in cui riaffiora il pepe accompagnato da bacche di ginepro. Bene equilibrati i 14,5 gradi supportati da acidità e piacevoli tannini. Lunga in bocca la persistenza. Un gran bel bere! Avanti con il Galfridus 2014 Selezione del Saggio sempre 100% Shiraz. Rubino profondo dai porpurei riflessi. Penetrante al naso, un pot-pourri di fiori rossi intrecciato da amarene e more macerate seguite da appagante cioccolato nero e nuance di vaniglia. Beva voluminosa e calda, l’apporto del legno è poco invadente con tannini di elegante fattura e fini sensazioni sapide. La chiusura potente e lunghissima lascia una scia di balsamico. Potenziale evolutivo enorme. Che spettacolo! Ritrovo l’amore perduto. Un plauso a Claudio ed Alison per la passione che sanno trasmettere ai loro vini. Grazie ancora per il bel pomeriggio trascorso insieme e per il gradito omaggio. Non ci resta che raggiungervi prima o poi in maremma per un pic-nic.
R.R.
Bello, caldo, profumato. Lo stappi e ti racconta di agrumi verdi e bergamotto. Molto pericoloso: se sei intento a chiacchierare amabilmente con un amico, peggio con una donna, rischi di berne una cassa intera… ma poi però l’alcol ti piega! Da classificare assolutamente tra gli antidepressivi potenti (oppure tra le pozioni miracolanti): è un inno alla vita, è una preghiera al dio Sole.
d.c.
Ed ogni tanto mi riaffiora il pensiero: ma perchè in Franciacorta si insiste a produrre ancora (tanto) vino rosso? In un mondo inondato da Prosecco, in un mercato (senz’altro quello italico) dove la bollicina franciacortina ha saputo ritagliarsi una nicchia di emergente valore, in un mondo che pare avere interesse solo per le bolle, non importa se provengano dal Regno Unito o dalla assolata Trinacria, ma perchè continuare a produrre vini rossi? Che peraltro sono rimasti bloccati su modelli fermi ad almeno una decina di anni fa. Vino rosso se ne beve di meno, anche perchè lo stanno emarginando… I grandi chef sembrano progettare i loro piatti solo in funzione di un abbinamento superacido e bollicinoso; se ti azzardi a bere un bicchiere ed un dito di vino rosso è meglio che lasci la macchina parcheggiata e ti fai chiamare un taxi; anche nelle trattorie champagnotte ed etichette fluorescenti vanno per la maggiore, con abbinamenti azzardati a cucina “tradizionale” (prima o poi lo provo il prosecco con lo strinù o con lo spiedo… forse è ancora preferibile la CocaCola!). Eppure il vino rosso io lo bevo ancora (spero di averlo dimostrato almeno in questo nostro diario di incontri) e lo bevo per il lungo ed il largo dell’italica penisola, ma nessuno è rimasto al palo come il Curtefranca doc. Ma perchè? Forse i miei amici/maestri del blog potranno darmi qualche risposta. Forse i fatturati calanti non spingono ad investire? Oppure, a mia insaputa, questi vini, che costicchiano e non possono essere tutti definiti vini da pasto, hanno un loro mercato stabile (“effervescente” non ci credo!). Ma perchè per questi vini il gusto è rimasto a quello dei primi anni novanta? Si è vero: il legno è sparito! Prova che le cantine stanno risparmiando… E si intenda che non ce l’ho con la cantina la cui bottiglia vedete ritratta qui sotto, e che mi ha aiutato ad abbinare un piatto della tradizione bresciana. Di questa cantina amo irrefrenabilmente le sue bollicine, ma non credo aprirò più un loro Curtefranca Rosso, privilegiando altre zone, anche non lontane dalla Franciacorta (vedi il Benaco, su entrambe le coste, o il Trentino, e perchè no il Veneto? Etc etc.) dove ancora si investe molto sulla qualità e sulla continua evoluzione del gusto che modifica anche la tradizione: temo di più la pigrizia ( e le casse vuote…), che la giustificazione di un fantomatico ancoraggio alla tradizione.
Editore… D.T… R.R… Tito… aiutatemi a capire…
d.c.
Sangiovese fuso con Merlot. Vino che nasce probabilmente con progetti di “umiltà” e che effettivamente non è stato in grado di sopportare adeguatamente il riposo d qualche anno in bottiglia: nessuna nota ossidativa, ma tanta, troppa debolezza aromatica sia nei profumi, per nulla intensi e di triste monotonicità, sia al gusto che ha perso completamente la struttura acida, ha annullato la presenza tannica, ma mantiene solo ed esclusivamente il calore alcolico. Forse dieci anni fa la stappatura avrebbe regalato maggiore espressività, ma noi, oramai, ricerchiamo nei nostri vini solo emozioni “forti”.
d.c.
Certo che siamo strani! Teniamo in cantina, coccolate e vezzeggiate, bottiglie che magari meriterebbero un pronto consumo, solo per il gusto di vedere come sarà domani, ed invece quelle nate appositamente per sopportare anche lunghi invecchiamenti le stappiamo subito.., forse solo per vedere l’effetto che fa…
Data la carica corrosiva dell’acidità, l’invasiva percezione di sapidità, la netta sensazione olfattiva di legno (nobilissimo) la bottiglia avrebbe meritato la stappatura come minimo nel novembre 2027 (forse qualche sapiente l’avrebbe dimenticata in cantina fino al 2035…), ma noi no! L’Editore ( e chi se no?) non ha atteso un solo minuto ed i calici erano già ampiamente colmi per l’incoerente nuova esperienza. Verde luminoso alla vista, di brillante trasparenza. Profumi immaturi ed impegnativi: da note erbacee e vegetali, a sensazioni minerali e poi marine, per poi virare, con la temperatura, ad un netto burro di nocciole con cui mantecare tutti i nostri sensi. Il legno arriva, solo dopo, solo dopo un bel po’ e ricorda le delicate tostature della Borgogna. In bocca è solo una miscela di acido e sale: troppo immaturo per essere considerato un grande; troppo perfetto, nella sua collimata calibratura, per essere deludente. Mettetelo via! Muratelo in qualche intercapedine del muro! Lasciate un biglietto per il 2035, nella speranza di poter essere voi i futuri scopritori…
d.c.
Di vino ne bevo la giusta quantità… di bottiglie ne ho aperte tante nella mia vita, provenienti da tutte le parti del mondo, ma un Metodo Classico dalla Sardegna NO! E perchè mai la Sardegna non dovrebbe produrre uno spumante Metodo Classico? E perchè mai non farlo anche buono? Globalizzazione? Monotematicità ( e monotonia) dei mercati? Forse è tutto vero! Forse per primi noi dovremmo rifiutare le bollicine che arrivano dall’isola di Ichnusa (ma anche dalla Trinacria e da tutta la Magna Grecia, e dalla Costa adriatica, e così via per il mondo…), ma vi assicuro che il vino che ho bevuto era proprio buono, sorprendente, irrinunciabile!
L’impianto non è originalissimo: pur utilizzando uve (mi dice l’Editore… e chi se no?) di Vermentino, sembra di trovarsi di fronte ad un bicchiere di Franciacorta (ma buono!). Giallo brillante, con bollicina di nobiltà inattesa. Al naso, delicato, sussurato, ma elegante: si percepisce una frutta gialla non matura, una sensazione, questa si originale, di litchi. E’ evidente che il vino vuole sferzare la sua scossa elettrica! Ed invece in bocca, pur giocato sulle durezze, il liquido divino è equilibrato: il mordente iniziale dell’acidità viene immediatamente trasformato in percezione salina e poi di nuovo in una “non dolcezza” fruttata. Ti viene voglia di bere; la bevuta è inappagata: hai bisogno ancora di un sorso… Scaldandosi poi affiora al naso ed al palato una percezione di nocciola, straordinario richiamo o ispirazione alle grandi bollicine del molto più a Nord…
d.c.