Editore… come sempre hai ragione tu! Mi lasci parlare ed arrovellarmi nel mio non gradimento del Satèn franciacortino e poi… devo smentirmi immediatamente davanti a questo Satèn, bellissimo. Va beh… Editore… d’ora in poi me la prenderò solo con alcuni Satèn! Questa è l’ennesima prova che in Franciacorta la Cantina vero faro della produzione e traino dei modelli di gusto è sempre più, con distacco, la cantina di Patron Zanella.
Un eccellente Cabernet Sauvignon in terra di Sangiovese. Di eleganza suprema, dai profumi di viola, tabacco e macchia mediterranea, straordinaria evoluzione o interpretazione del vegetale varietale. Così come in bocca la struttura è già di per sé motivo di appagamento: acidità non scalfita, tannino setoso, sapidità di chiusura. Il palato si fa avvolgere dalla pienezza di un succo fruttato e vi si addormenta insieme nella sua perdurante lunghezza.
Levrigny è una collina degradante verso la Marne, a due passi due (veramente pochi centinaia di metri) dalla magica Le Mesnil. Da produttore “R.M”, come orgogliosamente ostentato (e non è poi così abituale) in etichetta. Al naso succoso agrume e asprigna mirabelle. In bocca una tendenza un po’ dolce, che arrotonda il fendente di acidità.
Eravamo stati un po’ severi un anno fa, quando avevamo incontrato per la prima volta questo Écrin, proveniente dalle colline che danno lo sguardo settentrionale su Reims. Era apparso un po’ deboluccio (soprattutto se confrontato ad una etichetta gemella degustata parallelamente). Senz’altro meglio la bottiglia di qualche giorno fa! Ancora molto giocata su note dolci di frutta, forse troppo dolci per i nostri attuali gusti, pur nel limite dell’indicazione Brut. Un discreto bicchiere: nulla per cui stracciarsi le vesti o invocare al miracolo, ma sicuramente dall’apprezzato rapporto qualità-prezzo (considerando che ci è stato consegnato in Italia ad un prezzo in linea con un “normale” Franciacorta “base” (lo so lo so che non vogliono che si dica più così…).
Perfetto! Il Franciacorta perfetto! Quello che la tua voglia di bollicina vorrebbe sempre incontrare. È persino inutile raccontarlo, perché è semplicemente… perfetto! Oggi, credo, insuperabile per la zona spumantistica a sud del Sebino.
E nonostante una struttura da vino “da tutti i giorni” ha saputo superare questi 10 anni dalla vendemmia. Ti inonda con intensità con un profumo di ciliegie sotto spirito e tanto cacao. L’impressione del cacao è talmente viva che al palato ne percepisci la polverosità, indotta anche da una forte presenza di “residuo” non filtrato. Tannino rotondo e piacevole che sostituisce nella trama delle durezze la acidità, questa si affievolita.
La ricostruzione cronologica degli eventi ha comportato un discreto impegno da parte del clan.
Si presume che il tutto ebbe inizio il 1° novembre 2016 in occasione della consueta degustazione in cantina di “vecchie annate” abbinate a formaggi d’eccellenza italiani e francesi. Pare fu in quella circostanza che assaggiammo per la prima volta l’annata 2001 della malvasia aromatica di Candia “Le Rane”di Luretta. Con certezza possiamo invece affermare che è stato sabato 23 settembre 2017 (WhatsApp ha davvero buona memoria) quando abbiamo dato fondo alla bottiglia procurataci, supponiamo, durante l’evento sopra menzionato.
Ed è da quella serata che con Anto, Karla e Tommy ogni tanto, durante le nostre alcoliche cene spunta la frase: “Ma ti ricordi la menta, ti ricordi che buono!” Ed è così che ricordo dopo ricordo, l’occasione è arrivata. E’ il 21 dicembre 2019 quando torniamo tutti insieme al Castello di Momeliano dove ha sede la cantina. Questa volta la degustazione è bollicine (e non solo) abbinate a Caviale di Calvisano, evento già quel giorno immortalato in diretta su Facebook.
E’ in tale occasione che ci siamo accaparrati ben due bottiglie della nostra annata preferita dai sentori di menta. Credo che in cantina non ne rimangano molte di più!
Quanto abbiamo resistito all’assaggio? Sì sì abbiamo fatto passare le natalizie feste ma poi…. Cosa mangiamo, cosa non mangiamo…. Erborinati? E allora stappiamo “Le Rane”, annata 2001 ovviamente. Ammalia nel calice il topazio brunito, al primo naso esprime una confettura di albicocca mai stucchevole, inseguita da matura frutta esotica. Ma ha riposato quasi un ventennio, merita un po’ di ossigeno. Trascorso qualche minuto mi riavvicino e sono i datteri e i fichi secchi a farla da padrone. Ancora qualche istante e finalmente arrivano gli effluvi di menta accompagnati da lievi sensazioni di eucaliptolo. È giunta l’ora di assaggiarlo che dite? Notevole la freschezza data da un’acidità che non ha risentito del tempo, sorso ben equilibrato e armonioso che invoglia ad un secondo, poi ad un terzo… Confermato l’ottimo abbinamento agli erborinati. Chapeau. Ripaga il prezzo ben diverso rispetto a quello dell’annata in commercio (grazie amici per il contributo). Bottiglia davvero notevole ma sono convinto che possa riservare ancora qualche sorpresa. Per fortuna il lungimirante Tommy ne conserva ancora una. L’appuntamento è fissato fra 2 anni. Resisteremo? Non credo. W la menta e gli amici!!
Nel 2016, di ritorno dall’Umbria, i miei genitori mi omaggiarono di alcune bottiglie di Sagrantino quale souvenir del loro enogastronomico tour.
Fu una bottiglia di Arquata di Adanti a conquistarmi per potenza e profondità. Ritrovato lo scorso inverno in una degustazione ne ho acquistata una bottiglia dell’annata 2010. Trovato ancora quasi “sbarazzino” nonostante i quasi due lustri di invecchiamento, mi ero ripromesso di lasciarlo riposare. Ma, in un freddo sabato di gennaio, non ho resistito ad aprirlo sedotto da un invitante brasato con polenta in compagnia di amici.
Nel bicchiere lo scuro rubino appare profondo e impenetrabile. Servono un paio di ore perché al naso renda la sua migliore espressione. Poi la complessità esplode: visciole, amarene e prugne a cui seguono spezie orientali, caffè, fiori appassiti e bacche di ginepro con un accenno di fumè.
Sorso intenso, i 15° si fanno sentire ben supportati da decisa freschezza anche se il tannino, efficace e definito, è forse ancora un po’ troppo affilato. Vino coinvolgente di lunga e convincente persistenza.
Bella crescita rispetto all’assaggio della stessa vendemmia fatto oltre un anno fa, ma non ho dubbi che possa riservare ancora una notevole evoluzione. Per fortuna il mio pusher è ben fornito!
Questa è una bottiglia che mi è sempre piaciuta! La cantina ha prodotti e produzioni “alterne” (…), ma il Dosaggio Zero Riserva è proprio un buon Franciacorta. 12 anni di bottiglia di cui 4 dalla sboccatura hanno donato solo un giallo intenso al colore, ma i profumi, intensi, sono di frutta fresca e l’acidità appare ancora violenta con la struttura del vino molto appagante al palato.
Bello, scorrevole, facile ma con una struttura da… Champagne. Grande frutto dolce che addomestica il palato e la beva e ne richiede il nuovo sorso. E nel neorealismo che oggi mi caratterizza, bottiglia fotografata scolma e posso testimoniare regolarmente evaporata…
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