Franciacorta (ma non del Consorzio) I love You…terza puntata

Brut millesimato 2008 Blanc de Blancs Rizzini, prodotto dall’azienda agricola Boniotti Angela di Monticelli Brusati: questa è la meraviglia (perché di vera eccellenza si tratta) che ho incontrato oggi. Elegante in tutti i suoi aspetti: dal habillage dell’etichetta, di sobrietà essenziale, ai profumi di rara fragranza su temi di frutta gialla, che si ribadiscono in tutta la loro croccantezza al palato. Non ricordo tanto splendore per prodotti franciacortini analoghi. L’esclusività di 9.000 bottiglie prodotte richiede un prezzo adeguato.

d.c.

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Franciacorta…I love you… Seconda puntata (e marchetta allo zio!)

Una cena improvvisata con amici , un vino spumante sempre in ghiacciaia… Questa volta era il turno del Brut “base” Armonia delle Cantorie da Gussago. 

Bello, “snello”, gradevolissimo. Un naso delicato e dolce, una freschezza mai troppo invasiva, ma che invoglia la bevuta, in bocca estremamente godibile, con una frutta a pasta gialla leggermente dolce. Bottiglia finita in pochi minuti… Per fortuna in cantina la dotazione è sufficiente per incontrare l’arsura degli assetati… Il tutto con poco più di 10 eur!

d.c.

Conferme e sorprese

Nel continuare a perseguire la d’annata (o dannata?) via di provare ed assaggiare e stappare… Mi sono imbattuto in due Syrah italici, allevati e prodotti in due regioni diversissime.

il primo è il noto Tellus della cantina Falesco, nato dalle abili mani dei Cottarella in terra laziale: alla mia tavola il 2012 (14% volume alcolico), probabilmente anche questo “soffiato” dalle disponibilità di Paolone.  E cosa trovi nel bicchiere? Esattamente quello che ti aspetti da uno Syrah: calore, decisa speziatura  all’olfatto, fino ad arrivare al pepe, note gustative di cacao e cuoio. Equilibrato in tutti suoi aspetti. Però impegnativo! Quella elevata componente alcolica ne consiglia (ed impone) un consumo moderato (e non sto facendo della morale da codice della strada…).

Poi, ieri, una piacevolissima sorpresa; un vino che non avevo mai incontrato nelle mie soventi stappature. Un Syrah (2014 e 13,5% vol.) della Valle d’Aosta, prodotto dalla mitica cantina di Les Cretes, che alleva vigneti su pendii in altura al diretto orizzonte  di sua maestà il Monte Bianco.

Le caratteristiche tipiche dell’uva ci sono (la base speziata ci accompagna all’olfatto ed in bocca), ma prevalgono note fresche e dolci di frutta rossa croccante ben amalgamate al solito, ma non per questo non piacevole, cacao , qui più dolce delle attese. Il tutto su una ferrea struttura di freschezza che ne agevola la beva, nonostante anche qui il generoso apporto alcolico. Il giudizio porta ad una valutazione di  piacevolezza esaltante, con una bottiglia pagata al ristoratore poco più di 20 eur.

d.c.

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Managgia… Niente Franciacorta I love You… Questa volta

Convinto che la Franciacorta debba perseguire la via dei non dosati, o perlomeno degli extra-brut,  vere eccellenze qualitative del territorio (a volte anche a discapito di un mercato che gradisce prodotti più semplici) e memore delle indicazioni della cantina che riferisce di una vendemmia 2010 di eccellente qualità, non ho potuto sedare la mia sete e resistere all’apertura di questo Nature 2010 di Ronco Calino, fratello di quel godibilissimo Brut 2009 di qualche giorno (e post) orsono. L’ impianto olfattivo è molto simile, pur non trovando la composizione degli assemblaggi. Anche questo campione, bellissimo alla vista. Entrata tagliente ed imperiosa nel palato, peccato però una chiusura decisamente amarognola, che un po’ delude il dolce oblio…

 

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Tour de France? Allora io comincio a pedalare…

Chi mi conosce sa che sono oramai anni che nascondo il mio atteggiamento agnostico dietro l’affermazione che lo Champagne è prova di esistenza divina…e nella grande attesa del ritorno del fortunato amico viaggiatore, non sono riuscito a trattenermi!

Siamo nella Marna, a Bouzy, comunque non lontano dalla magica Epernay. Un Blanc  de noir dal profilo strepitoso (senza dover ipotecare casa). Bello fin dalla bottiglia: è il “fine fluer  de BOUZY” Grand Cru, elaborato dal nobile Hubert Dauvergne. Signori… Inutile qui la degustazione… Qui parliamo di metafisica!

d.c.

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Ma siamo così sicuri di essere poi tanto bravi?

Qualche anno fa ebbi la fortuna di partecipare ad un panel di degustazione di vini spumanti metodo classico prodotti nel Regno Unito: ricordo campioni strepitosi, ma … too expensive… Ho spesso bevuto piacevolissimi Cremant d’Alsace (metodo classico) a meno di 10 euro a bottiglia. Oggi non è difficile imbattersi in Champagne di quasi nobile levatura intorno ai 20 euro.

Paolone, sempre lui, qualche anno fa mi omaggiò, nel suo vagare senza meta, di una strana bottiglia austriaca “Methode traditionelle” extra troken da uve di Grüner Veltliner. Da questa uva avevo già provato freschi e sbarazzini vini fermi, ma mai “bollicine”. Bottiglia destinata alla sorte comune a tutte quelle che entrano nella mia cantina e… rispuntata ieri sera, dopo almeno 3 anni di accatastamento.

L’etichetta denuncia un volume alcolico di 11,5 %, abbastanza anomalo nelle produzioni moderne. Vino semplice ma ben equilibrato: olfatto senza una complessità da capogiro ma piacevolmente impostato su note di frutta fresca a polpa gialla, nessuna nota ossidativa. Anche in bocca la dolcezza di un frutto estivo, ma innestato su una solida base di freschezza, pungente ma mai eccessiva. La voglia, allo svuotamento del bevante, di riempirlo… L’impressione, al di là della indubbia qualità produttiva, di un prodotto poi non così economicamente inabbordabile. Ampiamente superiore per qualità ad un Prosecco (che metodo classico non è, ma che prova, con una certa insistenza ad alzare i prezzi) ma anche di molti Franciacorta di media gamma, che oggi puntano ai 16/18 eur (non in enoteca). Insomma Paolone… svelaci l’arcano: quale il costo?

d.c.

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Franciacorta…I love you. Prima puntata.

Avrete capito che ho dei gusti strani, si…mi piacciono i vini strani, ma solo quelli che mi sanno raccontare qualche cosa. Ed è il caso del Franciacorta che andrò a svelarvi. Strano? Un pochino si, tanto da considerarlo un esperimento: prodotto presso gli ottimi Majolini, con cantina in Ome, un Brut  Blanc de noir da sole uve di pinot nero, da un solo cru (per il quale il mito racconterebbe l’affioramento di una stratificazione di gesso… Come se fossimo a Mesnil sur l’Oger… Sinceramente però non ho mai visto terreni poi così bianchi…). L’ho tenuto, come mia abitudine, un po’ in cantina ad affinarsi: mi piace “stressare” il prodotto, se c’è qualità, questa, con un po’ di attesa, viene esaltata. L’etichetta denuncia sboccatura 2012. Raro? Ve l’ho detto che era un esperimento! Sono stato un privilegiato a godere di qualcuna delle 2.700 bottiglie prodotte. E privilegio è stato! Vino di rara finezza ed eleganza. Bellissimo alla vista, con un perlage degno di un grande champagne, olfatto giocato su delicate note agrumate tra il lime ed il bergamotto, palato tagliente, secchissimo, di persistenza infinita. Questo è un vino che amo. Amici miei, ne ho ancora 2 esemplari depositati in cantina… Vi aspetto.

d.c.

È stato il vino dei padri a farci rincontrare.

imageNon ho mai fatto mistero che fu il Gattinara di Travaglini, per il tramite di una qualche vendemmia antica, ha palesarmi la mia inguaribile nebbiolo dipendenza: non l’austero Barolo o l’elegante Barbaresco, che pur amo visceralmente, e nemmeno l’eroico valtellinese, che mi commuove tutte le volte al suo assaggio, bensì il fresco, ed a volte un po’ rustico vino che viene dal piccolo Comune su cui cala l’ombra dell’imponente Monte Rosa. Che cosa mi ha mai dato di più? Credo in realtà nulla, se non una, appunto, antica emozione intellettuale e contadina.

Ed incredibilmente ieri la degustazione di ben 7 diversi “nebbioli” di Travaglini organizzata dalla delegazione Ais di Brescia, mi ha concesso una ulteriore nuova emozione legata al reincontro conviviale con vecchie amicizie che da tempo non vedevo, ed a cui sono legato da genuino affetto.

Ed il vino? Managgia!!!!! Mi ha proprio deluso. Non ho ahimè ritrovato quella vibrante emozione che faceva scuotere le mie corde…Segno del mio precoce invecchiamento? Abitudine alla beva di qualità? Stanchezza? Le tengo valide tutte, ma la mia nebbiolo dipendenza ha avuto ieri sera un cedimento. Intendiamoci: tutti i vini, compreso il nebbiolo “base”, erano più che corretti se non addirittura di pregevole fattura, ma tutti privi di quel daimon che ricerco con ansia nel “campione”. Anzi mi sono ritrovato con un dubbio in più (di facile lettura): i vini con 5/6 anni di invecchiamento sono apparsi assolutamente più evoluti, con sviluppate note terziarie, rispetto alle riserve di oltre 10 anni (al palato assolutamente giovanili e fresche); capisco il mercato e la necessità di liberare le cantine, ma dov’è finita la poesia di stappare un nebbiolo di numerosi lustri (che poi sono quelli che piacciono a me)?

A mio profano giudizio: notevole il Gattinara riserva 2010, punto interrogativo per le tanto blasonate riserve 2006 e 2005 (evolveranno bene o rimarranno delle eterne gioventù incompiute, decadendo immediatamente con la futura ossidazione?). Deludente (anche un bel po’) “Il Sogno” 2010: un po’ Sfursat ed un po’ Amarone ma senza carattere e convinzione della propria identità.

d.c.

Fama e sorpresa

Celeberrimo il cru di Corvina veronese da cui gli ancora più famosi Allegrini producono un vino oramai passato nella leggenda ossia La Poja. Oggi ho avuto la fortuna di aprire un esemplare del 2006, figlio di un’annata importante. E la nobiltà della vendemmia è tutta riscontrabile nel bicchiere: vino importante e complessissimo fin dall’olfatto giocato su note terziarie travolgenti tra cuoio, tabacco e prugna disidratata. Al palato fine ed elegante, mai troppo invasivo, ancora di puntuale freschezza.

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E poi divertirsi a cercare tra le cataste di bottiglie qualcosa che possa assomigliare, per provare un confronto: Igt 2006 La Poja vs Igt Corvina Veronese 2011 di David Sterza. Apparentemente imparagonabili (anche in punto di prezzo) rincorro il paradosso… E mi azzardo a far seguire il più giovane (e minimamente titolato) alla celebrità! Inchiostro alla vista, meno consistente nella rotazione del bicchiere rispetto al decano: sottotono l’aspetto olfattivo in tema di intensità ma i profumi sono eleganti e giocati su note di frutta dolce scura. In bocca… La sorpresa! Gradevolezza di altissimo livello, rotondo, freschissimo, tannino già setoso, di persistenza infinita. Evidentemente da tenere con tranquillità in affinamento per qualche anno ancora.  Bottiglia che se ricordo bene viene a casa con voi con meno di 10 eur.