LUGANA 50 : ARMONIE SENZA TEMPO

UNA SPLENDIDA SERATA A PESCHIERA del GARDA  PER CELEBRARE

I 50 ANNI DELLA D.O.C LUGANA.

Nella serata di sabato 9 settembre nel corso della manifestazione per festeggiare i 50 anni della DOC Lugana ben oltre 50 produttori vitivinicoli della zona compresa fra Lonato del Garda, Desenzano, Sirmione, Pozzolengo e Peschiera del Garda hanno presentato le loro eccellenze, (non si può usare termine più appropriato) confermando ancora una volta il grado di professionalità raggiunta, regalandoci un’esperienza degustativa di grande qualità e quantità. Iniziamo il nostro percorso sensoriale degustando il Lugana di “prima fascia”, vino nella sua versione base senza altre menzioni concepito per essere il vino dell’annata quello che si beve per primo già a partire dopo pochi mesi dall’ultima vendemmia.

Porgiamo il bicchiere con un po’ di titubanza, viene sempre da pensare poiché capita spesso ad un vino di qualità non eccezionale, prodotto con seconde spremiture o di vigne giovani o da vigneti non fortunati adatti solo a preparare l’assaggiatore a prodotti di qualità superiore, i veri protagonisti dei marchi aziendali….

Dal primo assaggio però ci accorgiamo di aver sbagliato tutto, ci troviamo fin da subito di fronte a splendidi vini dalla giusta freschezza, con un colore paglierino o verdolino tendente al giallo leggermente dorato dalla perfetta sapidità (il termine mineralità non trova favore presso gli studiosi di analisi sensoriale), di ottima persistenza armonici e con un sentore aromatico ( assolutamente non invasivo ) di mandorle amare che aleggia su tutto, preparando e sostenendo un abbinamento cibo-vino a tutto pasto.

               

              

Degni di nota i Lugana SUPERIORE con un bel colore giallo dorato dovuto all’anno di invecchiamento, dal sapore morbido e corposo con una leggera percezione di legno e con un profumo delicato ma caratteristico.

Sicuramente la menzione d’onore è per le RISERVE (mi confessa il navigato ma sempre giovane e super esperto sommelier TITO che nei suoi appunti ha dato più di un punteggio al sopra di 90.… ) vini dalla grande morbidezza, quasi cremosi con persistenza, sapidità e complessità data anche dai due anni di invecchiamento, pervasi sempre da queste note di mandorle amare. Peccato per il tenore alcolico un po’ alto che obbliga il cervello ad usare prudenza mentre lo spirito non sarebbe mai sazio!!!

Pochissimi produttori hanno presentato spumanti (secondo noi fortunatamente… ) sia di “metodo charmat” semplice e piacevole, sia nella miglior versione del “metodo classico” …. purtroppo hanno da invidiare ancora tanto al “cugino” Franciacorta e non sono sicuramente all’altezza dei loro fratelli fermi. Secondo noi c’è ancora tanto da fare in questo settore per vedere progressi significativi ed evoluti come nel fermo.

           

Con questi assaggi ci si rende conto ancora una volta della tipicità del Lugana dalle caratteristiche organolettiche chiaramente percettibili pur nelle differenze interpretative dei vari produttori con ottime doti di invecchiamento.

Il Lugana, grazie alla naturale alta acidità del Turbiana unita alla mineralità del Terroir del basso Garda, emerge con un forte segno unitario e distintivo che rende questo vino bianco uno dei migliori in assoluto. Il successo che sta riscuotendo ne è la prova e la sua continuità mostra che non è frutto di marketing o di moda, ma di qualità assoluta.

Complimenti a tutti produttori e al consorzio di tutela per l’organizzazione di una fantastica serata veramente.

    

    

In rigoroso ordine alfabetico proponiamo ora le cantine che ci hanno accolto per la piacevole sosta degustativa.

AVANZI

BERTAGNA

BORGO LA CACCIA

Cà DEI FRATI

Cà LOJERA

Cà MAIOL

CASCINA MADDALENA

COBUE

DON LORENZO DELLA GRILLAIA

MARANGONA

MONTE CICOGNA

MONTONALE

ONE PIÒ WINERY

PERLA DEL GARDA

PILANDRO

PRATELLO

SELVA CAPUZZA

SGREVA

 

Se dovrò essere il quarto moschettiere… sarò Porthos!

Più per sfida con gli altri tre winesnob che per reale vocazione, ho partecipato, insieme a quegli altri tre pazzi che ogni tanto si dilettano a scrivere qui sopra, alla degustazione (sotto tetto e regia AIS) dei vini prodotti dalla Tenuta L’Impostino, di forma Toscana (Montecucco oggi DOCG) e di anima bresciana.

Non ricorderò in futuro nulla di questi vini, per cui ne riporto le brevi note di degustazione per lasciarne traccia del passaggio. Ma la degustazione, nel suo complesso, è apparsa alquanto improbabile!

BALLO ANGELICO 2016 (vermentino 100%): banale! Ma potrei berne una damigiana! Tendenza dolce data da un frutto maturo ed agrumato.

SASSOROSA 2016 (Sangiovese 60% Syrah 40%). Rosato dall’olfatto piatto e minimamente caratterizzato, ma in bocca non migliora. Senza spigoli, ma senza impronta.

OTTAVA RIMA 2015 (Sangiovese 60% Alicante 40%). Sui rossi si comincia a ragionare. Intensità al naso, ma troppo rustico. In bocca manca un po’ di acidità e lunghezza.

CIARLONE 2015 (Sangiovese 60%, Merlot, Alicante, Petit Verdot 40%). Al naso NON CI SIAMO! Per nulla gradevole salvo solo una nota di terrosità. In bocca verde, verdissimo, squilibrato. La lunghezza data solo dalla nota di calore.

IMPOSTINO 2012(Sangiovese 80% Syrah Merlot Petit Verdot 20%). Cartonato!… peccato perchè si nota anche della profondità data dal sangiovese, ma insiste un problema all’olfatto. In bocca il sangiovese esce graffiante. Bello, lungo, avvolgente.

VIANDANTE 2011 (Sangiovese 100%). Molto intenso alla vista. Profondo al naso, seppur non intenso. In bocca non incide, ed è anche un po’ sconnesso, troppo impostato sull’acidità, ma scappa via.

LUPO BIANCO 2011 (Sangiovese 60% Merlot 40%). Riduzione al naso importante. Fa fatica ad aprirsi: è come se il Merlot legasse l’esplosione del Sangiovese. In bocca è morbido ed avvolgente, direi cioccolatoso. Caldo. Molto impegnativo. Beva che non risulta invogliata.

d.c.


In mancanza delle etichette, accontentatevi della brochure…


Prova che i vini erano proprio sette (… e che per la prima volta sono avanzati nei bicchieri…)


Le note di degustazione!

Primo freddo… primo spiedo!

Siamo proprio strani noi bresciani: è bastata la flessione di qualche grado della temperatura ambientale per farci venire subito voglia di spiedo! E sinceramente quest’anno è stato record… non ho mai attaccato al 10 settembre.

E naturalmente al primo spiedo, primo rosso: segno intangibile che l’autunno avanza a grandi falcate. E quale rosso? Se lo spiedo è un monumento bresciano, il vino deve essere delle colline bresciane. L’esordio quest’anno è stato garantito ad un Curtefranca, e per non sbagliare ci siamo affidati a Cà del Bosco.

Vendemmia 2014. Equilibrato nella sua struttura. Fine e non troppo impegnativo. Forse ancora troppo verde per una più che accennata nota varietale di peperone lasciata da una vinificazione un po’ “rustica” del Cabernet. Ma tutto sommato valido annaffiamento del desiderato piatto.

Chissà cosa avvicineremo al prossimo spiedo?

d.c.



Satèn in Franciacorta: non mi taccio! L’avevo promesso…

Non posso tacere, l’avevo promesso qualche post orsono, altrimenti avrei fatto una “campagna” denigratoria verso una sola cantina, cercando di influenzare i nostri due, forse tre, lettori. 

Ma a me, per chi non l’avesse capito, il modello di Satèn oggi inseguito in Franciacorta non piace. E’ vero che il mio gusto è “secco” (ma mi sembra di intuire che il filone gourmand della cucina attuale sia secco…); così come è vero che secondo il sottoscritto, che non può avere velleità di giudizio incontestabile, la migliore produzione in Franciacorta è legata al nullo o limitatissimo dosaggio. Ma perchè bisogna fare i Satèn così dolciastri? Ricordo a tutti che trattasi comunque di Brut (quindi in Franciacorta con un limite di grammi di zucchero per litro pari o inferiori a 15), ma l’impressione è ben altra (benchè la dolcezza del frutto dello Chardonnay un po’ aiuti la confusione).

L’altra volta parlavamo di una piccola cantina, ma questa volta trattiamo di un indiscusso big: ma il giudizio (il mio giudizio) è il medesimo! Certamente invito tutti coloro che hanno voglia di aiutarmi a confutare tale giudizio ad intervenire liberamente: gliene sarò grato.

Poi tra un Satèn ed un altro mi capita di imbattermi in bottiglie con qualche anno, soprattutto, ahimè, dalla sboccatura. E’ vero: la conservazione è fondamentale, ma tutte hanno ceduto ad una invasivo processo ossidativo. Provate a dire ai nostri cugini francesi che i loro Blanc des Blancs, ovvero i loro Cramants dopo un lustro sono già in fase calante, e vediamo la loro reazione (giustificata).

d.c.

5 anni dalla vendemmia…


…4 dalla sboccatura…

…per fortuna che sono riuscito subito a rifarmi con il Brut Classico…

Nemmeno il super esperto…

Nemmeno il nostro super esperto D.T., uno dei più grandi sapienti di vini oltrepadani che io conosca, ha mai bevuto questa Cuvée Bianca Agolo di Ca’ Tessitori  in Montecalvo Versiggia! Eppur io e l’Editore l’abbiamo scoperto in un ristorantino di Lodi.

Del vino merita ricordare solo la scena che accompagnò il nostro ritrovamento: presentatoci come Pinot Nero vinificato in bianco (…così riportato sulla carta dei vini…) non poteva non attirare la nostra attenzione, già colma di perizia per pessime, precedenti, esperienze. Nel bicchiere decisamente verdognolo. Al naso chiare note erbacee e di frutta. E perchè poi Cuvée, se vinificato solo da uve di pinot? Acidulo (e questo poteva starci), verde, con ritorni di croccante frutta gialla immatura e…salvia?!

“Editore, controlla per favore…”.

80% di Sauvignon Blanc e 20% di Chardonnay!!! Dovreste immaginare gli occhi dell’ Editore, capace di commettere un delitto per molto meno.

d.c.

L’etichetta inganna perché sul sito internet si può scoprire che la cantina è associata ai Vignaioli Indipendenti (un punto in più!).

Arrampicata sul Ronco Felluga.

Quando trovo bottiglie del Grande Patriarca Felluga non riesco a resistere, chiudo la carta dei vini, per quanto possa essere interessante, ed atterro idealmente dalle parti di Cormons…

Se poi penso che mi sono trovato davanti alle ultime due vendemmie del Maestro… anche la poesia, malinconica, è scritta!

Non tedierò più sul mio amore per il Pinot Grigio, che qui raggiunge livelli di rapporto qualità/prezzo impareggiabili: posso solo consigliarne un consumo smodato!


Illivio: Pinot Bianco, Chardonnay e Picolit per un assemblaggio unico al mondo, per un carattere unico al mondo che esalterà la vostra cena a base di crostacei. Pietra miliare nel percorso delle nostre vite.

Ce la faremo senza di te, Maestro Livio?


d.c.

Sono ottimista di natura.

Sono ottimista di natura e per cui sono confidente che nei prossimi giorni ne berrò uno sicuramente migliore, ma sotto sotto sono convinto che sarà molto difficile superare questo straordinario, incredibile Pinot Nero di Ambonnay, incontrato così per caso, ma sicuramente  il miglior bicchiere dell’ultimo anno (o addirittura di svariati anni?). Sorprendente tanta concentrazione di eleganza e finezza, armoniosamente fuse in liquido color dell’oro. Meraviglia delle Meraviglie… e credo che anche questa volta ci sia lo zampino dell’ “editore”!

d.c.

Vigneron indipendant… ma guarda un po’…

Regale in tutte le sue forme.

Majolini Electo 2005. Franciacorta docg

Torno da qualche giorno di vacanza. Necessario mantenersi sempre pronti. Rintraccio in cantina una bottiglia vecchia… evviva!

Dodici lunghi anni dalla vendemmia; probabilmente sei dalla sboccatura (ipotizzo lotto 10/2011). Ed il vino è perfetto, prova  che i  Franciacorta fatti bene, e ben conservati, sono immortali. Scende nel bicchiere con la veste dello stesso colore del sole settembrino di oggi. Olfatto di frutta gialla ed una decisa nota citrina che impegnerà le papille gustative una volta disceso nel cavo orale. Imponente. Nessun particolare cede il passo alla maturità. Inscalfibile.

… che bel ritorno…

d.c.


Tutte le informazioni che ci servono.


Panorama.

Colle Duga 2015, Collio doc. Damian Princic.

Tipico uvaggio del Collio (Friulano, Malvasia Istriana e Sauvignon Blanc), proveniente da Cormons (e già questo è spesso elemento di qualità). Profumi freschi di frutta gialla matura e note verdi di erbe sfalciate. Bello facile, luminoso. Beva rapida, dissetante, nonostante un leggero eccesso di calore alcoolico. Ritorni di frutta dissetante. Finito in pochi sorsi…

d.c.

Ferrari, Riserva Lunelli 2006, Trentodoc.

Amo le bottiglie vanitose, quelle che ti vogliono stupire ancor prima alla vista che al gusto. E questa, nella sua regale tradizionalità, non poteva non affascinarmi. Certo che poi se il contenuto è una Riserva di Ferrari, credo che la frittata sia fatta!

Millesimo 2006 con sboccatura 2014.  La vista evidenza la maturità del vino che scende dorato nel bicchiere agitato da catene di bollicine infinitamente piccole e continue. L’olfatto è secco, nobile, forse ancora troppo giovine, con sensibili tracce del legno utilizzato nella vinificazione.  Graffiante in bocca, di secchezza pungente, di persistenza infinita sulle note fruttate di uno chardonnay croccante.

d.c.


Non credo che si possa dare più informazioni di così…


Sembra una moneta d’oro… tutti i particolari destinati a dare la sensazione di regalità.


… come sopra.