Champagne di periferia.

Ancora difficile rintracciare bottiglie di Champagne provenienti dalle zone periferiche, quelle lontane dalle capitali classiche delle nobili bollicine. Ed è un peccato perchè molto spesso si incontrano bottiglie non solo degne di citazione, ma di notevole se non addirittura elevatissima qualità. Se non fosse stato per la passione (ed il buon palato) di un ristoratore di Lodi (ndr Ristorante Gaffurio) come avremmo fatto ad assaggiare questo mirabolante JEAN LAURENT Blanc de Noirs, proveniente da Celles-sur-Ource? Cittadina ad una decina di chilometri a nord della zona di Aube, nuova frontiera del Pinot Nero tanto da essere anch’essa dotata della sua Côte d’Or. Ma qui il Pinot ( e non solo il Noir, ma anche il Blanc ed il Meunier) è differente: rispetto ai vini del Nord la nota agrumata è più succosa ed arancione. Sa distintamente di mandarino. Ma su tutto spicca l’inconfondibile mirabelle. Piacevolissimo l’equilibrio tra la dolcezza del frutto maturo ed un’acidità incisiva, ma mai eccessiva nonostante un recentissimo degorgement. Un tenore alcolico limitato ne permette un consumo piacevolmente smodato…

d.c.

Délice de Bouzy

Non vi narrerò della sua cremosità e nemmeno della tagliente sensazione citrina che scalfisce il palato. Nulla sul suo equilibrio e su quella persistenza che tanto mi ha entusiasmato. Non vi racconterò nulla di tutto questo, ma solo il fatto che… forse ne ho bevuto l’ultimo! In prima istanza ricercato sull’enciclopedico wine-searcher.com, non ne ho trovato traccia. Allargata la ricerca sul dedicato sito internet, scopro che è in produzione solo l’assemblaggio 80% Pinot nero 20% Chardonnay, ma apparirebbe abbandonato il 50 e 50. Chissà da quanto tempo è stato abbandonato e soprattutto da quanto tempo la bottiglia dimorava tra le mie cataste: apparentemente da poco, perché il liquido divino era perfetto.

d.c.

La fotografia non è mossa, e Voi non avete, ancora, bevuto troppo! La scritta del Barone è a prova di visita oculistica…

Eleganza francese

E’ sempre così! Ogni qual volta Tito e Tarantula (al secolo Tito e l’Editore) si ammazzano in degustazioni/manifestazioni e festività varie, poi per giorni e giorni ci si ritrova a bere le loro “scoperte”. E non poteva essere diversamente dopo la straordinaria degustazione di Lugana di qualche settimana fa (vedasi il post di grande successo del 15 settembre).

Dopo qualche giorno mi sono trovato di fronte ad una bottiglia accuratamente celata per degustazione alla cieca, al fine di provare le nostre capacità di riconoscimento: “non ho dubbi! E’ un naso francese”, azzardando persino e con notevole dose di tracotanza una appellation borgognona…

…Eppure i vini di Cà Lojera, in particolare la Riserva del Lupo, li bevo da sempre. Rappresentano la mia idea di Lugana. Ma un olfatto così nobile e prezioso non l’avevo mai incontrato: a dir poco stupefacente! Elegante, fine, profondo. Non c’è solo la frutta gialla, ma una complessità floreale e minerale composta. Intenso e cangiante. Più riconoscibile poi al gusto, la turbiana lascia trasparire un po’ la sua rusticità, anche se i due binari di sapidità ed alcoolicità la contengono strettamente. Nonostante però un tenore alcoolico intenibile l’equilibrio è esemplare e la beva non appare mai appesantita.

d.c.



Nuovo spiedo… nuovo rosso.

Vi ho già spiegato che ogni volta che mi avvicino ad uno spiedo bresciano, la voglia è quella di ricercare un abbinamento con un rosso di terra bresciana. Questa volta è stata l’occasione per stappare un Curtefranca doc Cavalleri 2014. Più “bordolese” del recente Cà del Bosco 2014 di qualche settimana fa (10 settembre 2017); qui la sensazione verde  ed un po’  di acerbezza è affiorante, senza però sconvolgerne l’equilibrio generale. Anzi di notevole pregio la percezione di leggerezza della bevuta, impegnata tra le durezze acide e dei tannini ancora graffianti, ma non per questo appesantita. Sicuramente meritevole di attendere ancora qualche anno in bottiglia.

d.c.

Lo so… lo so…formato mini (0,375 l) per perseguire morigeratezza (…)

Forse ha proprio ragione Franco Ziliani!

Che Franco Ziliani sia uno dei più bravi degustatori dell’italico paese, nonchè affermato wineblogger, credo che non vi siano dubbi. Molto spesso non ne condivido il pensiero relativamente al suo, ultimamente molto affiorante, credo politico, ma in tema di conoscenza del mondo vino sono assolutamente convinto che abbia pochi pari a livello continentale. E tipicamente sua è una battaglia che conduce oramai da qualche anno relativamente ai prezzi depressi con cui spesso i Franciacorta vengono esposti sugli scaffali dei supermercati: offerte, super offerte, 3 X 2; non è raro imbattersi in bottiglie fascettate a meno (molto meno) di 5 euro.

L’esperienza che oggi porto è forse un poco diversa, a prezzi non così drammatici, ma sintomatica di come i produttori debbano commercialmente destreggiarsi (forse per sbarcare il lunario…).

Non c’è nulla di male, intendiamoci, ma a me un po’ spiace, e credo che parzialmente leda l’immagine della Franciacorta, trovare sugli scaffali della Coop, con marchio selezionato Coop, un Pas Dosé millesimo 2012 (quindi un prodotto che dovrebbe essere di punta) di una cantina (che peraltro lavora molto bene come Castel Faglia) a 12 euro a bottiglia. Ed il vino come è? Mannaggia!!! Il vino è proprio buono! Grande intensità olfattiva. Misurata eleganza. Freschezza e precisione al palato. Forse la bottiglia risentiva, ma solo marginalmente, di una recentissima sboccatura, non ancora completamente assorbita, ma campione di assoluta qualità!

E voi cosa ne pensate? E’ giusto che un’etichetta top di gamma esca in habillage da grande distribuzione, a prezzi, oramai, da Prosecco “selezionato”?

d.c.


Si marchia Coop, ma non è altro che il celebre MONOGRAM di Castel Faglia.


La retroetichetta.

Un vignaiolo d’altri tempi…

I SEGRETI DELL’ OLTREPO’ PAVESE CON ANDREA PICCHIONI:

DOPPIA VERTICALE A TAORMINA GOURMET

Un vignaiolo d’altri tempi che non è facile incontrare in giro perché sempre al lavoro nelle campagne di Canneto Pavese. Racconterà il suo mondo con tipicità e tradizione.

L’Oltrepò Pavese di scena a Taormina Gourmet 2017. E’ un territorio di grandissime tradizioni agricole e vitivinicole.

Verrà illustrato da Andrea Picchioni che farà una doppia verticale coi i suoi due vini più rappresentativi, il Doc Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese Bricco Riva Bianca e il Rosso d’Asia, vino ottenuto da vitigni autoctoni.

Un vignaiolo d’altri tempi che non è facile incontrare in giro perché sempre al lavoro nelle campagne di Canneto Pavese. Racconterà il suo mondo con tipicità e tradizioni. Un’occasione unica per conoscere una parte della nostra Italia dove l’agricoltura è sempre stata strettamente legata alle vicende quotidiane e alla storia dell’uomo. A condurre la degustazione con Andrea ci sarà Francesca Ciancio, giornalista di grande esperienza che da anni viaggia attraverso le aree vinicole di tutta Europa. L’appuntamento è previsto per le 11 di lunedì 23 ottobre presso la Sala Pitagora dell’Hilton di Giardini Naxos.

In degustazione

  • Doc Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese Bricco Riva Bianca  2013
  • Doc Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese Bricco Riva Bianca  2012
  • Doc Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese Bricco Riva Bianca  2008
  • Rosso d’Asia 2013
  • Rosso d’Asia 2012
  • Rosso d’Asia 2008

Pubblicato su  www.cronachedigusto.it  (Taormina Gourmet 2017)

Giornale on line di enograstronomia

 

 

3488 Grazie…

 

 

 

 

 

“3488 utenti raggiunti con il nostro post “

LUGANA 50 Armonie senza tempo
Un grazie di vero ❤️ a tutti…

#lugana #luganadoc #consorziolugana #winelovers #winestar #withewine #sparklingwine #luganaierioggidomani #luganaforever #luganalover #luganalovers

 

Help! Aiuto! Cercasi informazioni disperatamente…

Mi domando come sia possibile che oggi, nel tempo dei bombardamenti informativi, social, pubblicità che non ci lasciano soli neanche quando si dorme, non si riesca a recuperare una notizia una del vino incontrato questa sera: nulla di nulla sull’etichetta, se non una sigla del produttore e località di produzione; nulla di nulla su vendemmia, vitigni. Nulla di nulla su internet (forse non sono un così esperto navigatore). Nulla di nulla! E questo affascina, o perlomeno affascina il sottoscritto. Ed il vino non è male: sicuramente un po’ Petra Style, ma più leggero, meno muscoloso di un Supertuscan, disegnato su una trama di succosa ciliegia ed una freschezza precisa, drenante, pulente. Solo l’olfatto è incerto, un po’ troppo “ridotto”, saremmo più clementi se ne conoscessimo il tempo di affinamento in bottiglia.

Detto ciò, non sono sicuramente disperato, ma metto a disposizione bevuta di annate storiche di vini importanti con i moschettieri di WTB a coloro che vorranno fornire informazioni preziose…

d.c.

Gli indizi…



Uno-due: Franciacorta I Love you… puntata ?

Torno ad una mia vecchia rubrica per celebrare uno dei miei grandi amori: i vini buoni della Franciacorta. Ho perso il conto del numero della puntata; sarò grato a chi me lo ricorda: potrebbe venire utile, con l’avanzamento della stagione autunnale. Uno/due micidiale, certamente inatteso, capace di stendere al tappeto anche un boxeur preparato.


Solive Pas Dosé. Sboccatura maggio 2016. Chardonnay 95%, Pinot Nero 5%.  Brillante nel bicchiere. I profumi dello Chardonnay, di frutta gialla, anche leggermente matura monopolizzano i profumi. Ma è l’assoluta snellezza e precisione al palato la caratteristica più rilevante. Apparentemente per nulla impegnativo, invoglia la bevuta per il suo equilibrio tra freschezze e dolcezza del frutto che ritorna dalla retrolfattazione. Ma attenzione alla Vostra tenuta, che sarà messa a dura prova! Abbinato ad un Grana Padano di 24 mesi (uno di quelli veri come quello del Caseificio Zucchelli in Orio Litta), la bottiglia è evaporata in pochi minuti (ed eravamo in pochi…).  Da provare tutto pasto, con un divano vicino…

E chi avrebbe mai pensato di finire la giornata con uno dei Franciacorta da me più amati per la sua purezza ed eleganza, da sempre marchio di fabbrica di Cavalleri. Il Blanc de Blancs ha una caratteristica inconfondibile: è sempre uguale a se stesso (ed è sempre buono!). Personalmente lo bevo da 15 anni, ed oramai lo riconosco ad occhi chiusi… Forse è l’unico vino che riporta in Franciacorta l’arte della Cuvèe delle grandi Maison della Champagne: la bellezza della continuità; la capacità di anno in anno, di vendemmia in vendemmia di duplicare se stessi, e di apparire sempre uguali, sempre belli, qui sempre irresistibili (non è forse il segreto dell’Araba Fenice?).

Sono a terra! Il Giudice Arbitro mi indica che ho subito K.O…ma non mi fa male nulla, anzi…CHE BELLO!

d.c.

 

Quanto mi fanno arrabbiare i ristoratori…

“Gradisci un Vermentino?”. Come rinunciare ad un buon vino bianco di fronte ad un invitante pasta ai frutti di mare. Ma come? Ma quale Vermentino! Ma mi hanno portato un molto più raro (in continente) ed antico Nuragus. Sono situazioni insopportabili per un winesnob come me! Peraltro il Nuragus è un vitigno dalla alta produttività di uva dalla quale normalmente si ottiene un vino leggero e beverino, dal tenore alcoolico limitato, ma anche dalla significatività limitata. Non è così per il S’Elegas di Argiolas, racchiuso nella denominazione di origine Nuragus di Cagliari, ma capace di esprimere una qualità insospettata. Già di notevole intensità il colore e la corposità nel bicchiere. I profumi sono intensi, di una dolcezza di frutto permeante, si sospetterebbe addirittura una caratteristica aromatica. In bocca si attende un eccesso di calore alcoolico ed invece la freschezza acida ne bilancia la beva e ne corregge l’apparente grassezza. Credo che sia un vino il cui prezzo alla bottiglia non superi i 6 euro, e che invito a provare per la sua particolarità.

d.c 

E’ proprio la vendemmia del vino di oggi…