Carbonara al volo

La fortuna di avere in famiglia due mangiatrici di carbonara da competizione, e la voglia, tutte le volte, di abbinare la pasta, rigorosamente cucinata in casa, ad un vino (spumante) diverso. Questa volta il destino ha chiamato all’appello il Millesimo 2006 Pas Dosè di Majolini, già qui incontrato in passato, anche perché trattasi di uno dei miei favoriti. Sempre elegante, anzi austero. Questa volta è percettibile qualche nota più evoluta, un frutto maturo più croccante e rotondo. Ma le durezze appaiono inscalfibili nonostante gli oltre 10 anni dalla produzione e drenano via ogni forma di grassezza del cibo.

d.c.

Il vero salto in padella.

Le magie di Michele

Metti una cena alla Madia di Brione, con amici, i più cari che tu abbia. E nonostante le fatiche lavorative avere voglia di abbandonarsi alla ricerca ed alle sorprese che escono dalla cucina.

Prima sorpresa? Quasi un garagiste di Franciacorta. Il Pinot Nero Metodo Classico di Ravarini è un vino antico, persino lontano dalla tradizione. Il bicchiere mostra un colore giallo intenso. I profumi sono di frutta matura, tra la mela golden un po’ disidratata ed il candito del panettone. Ed in bocca cambia, sparisce il frutto giallo e si affaccia il frutto rosso, di bosco, ed una nota speziata tanto strana quanto affascinante. Secco, secchissimo, mai amaro. Oggi in Franciacorta assolutamente un unicum.

337 bottiglie prodotte, una finita avidamente troppo presto.

Gnocchi e zucca?

Risotto con i “frutti invernali”: il regalo più bello di questo Natale.

Di tutt’altro stampo ed impostazione il Dosaggio Zero di Andrea Arici, i cui vigneti accompagnano tutti i giorni le mie partenze e salutano i miei ritorni, non fosse altro perchè la cantina è a poche centinaia di metri dalla mia dimora. E quindi con le “Colline della Stella” si gioca in casa; ma pur essendo una mano conosciuta, è sempre un piacere avvicinarsi ed incontrare la freschezza e la vibrante vivacità di questi spumanti. L’intensità della colorazione gialla è chiaramente più tenue del precedente, e l’olfatto ti ammalia per la leggera finezza: i profumi paiono sussurrati, ma arrivano netti, precisi, distinti. La frutta qui è fresca, con folate citrine. Ma è nella bocca che si palesa la cristallina struttura, inscalfibile: due binari retti, lunghissimi, financo rigidi.

Numerose le degustazioni arrivate al nostro tavolo, ma più che magico, miracoloso il maialino qui sotto ricordato: ad una impostazione da spiedo della carne, la ricerca dell’amaro tramite la sardina di MonteIsola in luogo della “solita” piccola cacciagione.

d.c.

Elogio della pigrezza: nuove zone spumantistiche crescono

Non avrei mai immaginato di poter trovare spumanti tanto nobili in terra piacentina, e la sorpresa è ancora superiore per il fatto che conosco la cantina Romagnoli, ma ahimè non per il Metodo Classico. Predominanza del Pinot Nero (70%) sullo Chardonnay, mostra però una impostazione di struttura differente rispetto alle non troppo lontane vinificazioni oltrepadane, volendo forse assomigliare di più a qualche modello franciacortino, e magari osare a guardare oltralpe…

Misura equilibrata per il Brut Cuvée, giocato sulle morbidezze di un frutto croccante, ma il vero allungo è con il Dosaggio Zero, ove il pinot sfodera tutta la sua finezza espressiva, dove il frutto si bagna di aromi agrumati e dove la struttura granitica accompagna una persistenza gustolfattiva notevole, mai riscontrata tra quelle incantevoli colline.

d.c.

30 mesi sui lieviti? Sboccatura febbraio ’17?

36 mesi sui lieviti e sboccatura? Bottiglia numerata a 4 cifre: ma non credo ne producano 9.999…

Peccato di “hybris”: a qualcuno non è piaciuto!

L’olfatto donava sensazioni di iniziata evoluzione: un principio di ossidazione, ma assolutamente controllata e trattenuta in ambiti di estrema eleganza. Ma poi al naso si donavano pennellate di frutta gialla e poi ancora di agrume candito ed infine un netta e nobilissima spezia. Invece in bocca tagliente, di misura perfetta, ed elegante precisione. Inscalfibile. Eppure ad alcuni dei miei compagni di merende non è apparso così gradevole: incredibile come qualcuno possa invocare al miracolo ed a qualcun altro apparire financo difettoso.

Rimango comunque della mia idea ossia che il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore (qui nel suo millesimo 2006) sia il più grande Metodo Classico Italiano.

d.c.

S.J. II: quanti muscoli.

Erano gli anni a cavallo del nuovo millennio, ed in quel periodo i vini, seguendo una perniciosa moda d’oltreoceano, valevano tanto quanto più volume alcolico mostravano in etichetta. Ed è proprio di quegli anni il marchigiano Sanguis Jovis sacrificato dopo 17 anni di riposo. Alla vista mostra tutta la sua vividezza, impenetrabile ma di un tono di colore che non mostra spazi a sospetti di maturità. E la non raggiunta maturità si scorge anche all’olfatto, ove predominano note fruttate di mora, mai declinate su indizi terziari. Ma già al naso si percepisce la notevole dotazione alcolica, la netta sensazione di “spirito”. In bocca poi l’alcool, che ha preservato il vino fino a qui, domina indiscusso, coprendo un po’ tutto, anche la necessaria dotazione tartarica. Muscoli,tanti muscoli, oggi diremmo troppi muscoli, ma tutti noi andavamo matti per vini così. Notevole però l’integrità con cui ha superato indenne più di tre lustri.

Sant’Andrea in Villis, 2000, Colli Pesaresi doc. Claudio Morelli.

d.c.

Una serata a casa di Claudio

Inizia con oggi una nuova “rubrica” che potrei intitolare Sanguis Jovis: ho deciso di dare fondo a tutta la “riserva aurea” della mia cantina, ben stratificata in tema di Sangiovese, con tante (ma tante) bottiglie, la maggior parte storiche. Sarà l’occasione di provare e testimoniare, con i nostri sensi, la tenuta nel tempo del “Sangue di Giove”.

Sabato sera. L’invito da parte di amici storici all’attacco di due “fiorentine” degne di un dinosauro, cotte sapientemente solo sulle braci roventi. Il vino non manca (anzi scorre veramente a fiumi), ma quale migliore abbinamento se non il rosso nato appositamente per accostarsi alla carne, ossia il sangiovese toscano. La scelta è ricaduta su due magnum, una del 2006 e l’altra del 2005, nate lontane dalla terra d’elezione dei Biondi Santi, ossia Scansano, già celebre per la docg del Morellino, ma soprattutto per il sangiovese “grosso”. Qui siamo alle prese con il figlio (Jacopo) del “santo subito” Franco Biondi Santi, in un’interpretazione fuori denominazione: Sassoalloro 2006 e Sassoalloro Oro 2005 (ceralaccato…) dal castello di Montepo’.

Integri, sinamai giovanili, la struttura acida conduce la beva e corregge le morbidezze di un frutto rosso che sta maturando e si sta arrotondando. Il sorso è vivace, scorrevole, piacevole ma in entrambe i casi non vibrante o perlomeno non emozionante. Molto più raffinata la versione Oro, meno calda rispetto alla versione “base” (leggermente più giovane), e che riesce ad allungare grazie ad una finezza superiore. Ma entrambi appaiono sufficientemente omologati. Manca la scossa elettrica… l’oggetto del nostro desiderio.

d.c.

14% volume alcolico… erano gli anni dei vini muscolosi.

… Ma anche 13,5% non scherza!

LE ETA’ DEL LUGANA

Sabato 25 novembre si è tenuta, presso lo splendido contesto del castello di Desenzano, una nuova e bella iniziativa del Consorzio di Tutela del Lugana, organizzata nell’ambito dei 50 anni della DOC. Anche in questa occasione ho avuto la fortuna di partecipare con l’amico GianPaolo ad una degustazione dal tema

LE ETA’ DEL LUGANA “ con tipologie  dal 1994 al 2015 di VECCHIE ANNATE, VENDEMMIA TARDIVA e RISERVA.

Il TURBIANA cioè il vitigno del  LUGANA ha dimostrato una buona resistenza all’invecchiamento sicuramente grazie al terreno argilloso, al clima del lago e naturalmente al vitigno stesso. I vini presentati nella rassegna erano ben 107, ma ne erano però concessi all’assaggio “solo” 15. All’inizio abbiamo avuto qualche incertezza nella scelta. ma alla fine il numero di 15 si è dimostrato sufficiente.

La sala del castello che ci ha ospitati si è presentata ampia, ben illuminata, con tavolini singoli ben separati, tutti poi hanno lavorato in silenzio, elemento essenziale per affrontare l’analisi con la dovuta concentrazione. Ho apprezzato il servizio ordinato e preciso, in particolare sul vino servito nella giusta quantità per un assaggio corretto. La quantità eccessiva che spesso ti servono in queste occasioni mi irritano perché ti costringono spesso a gettare via anche prodotti notevoli.

Fatto il doveroso riconoscimento alla validità dell’organizzazione passiamo alla rassegna dei vini assaggiati iniziando con l’unico spumante presentato.

Anno 2011

Cantine la Pergola Spumante metodo classico millesimato

  • Profumo fruttato di pesche gialle e albicocca matura pulito ed invitante
  • In bocca bollicine fini ed avvolgenti. All’inizio un sentore di mandorle amare poi un’evoluzione verso un’ intensa aromaticità via via sempre più intensa tanto da risultare alla fine non del tutto piacevole.

Per proseguire gli assaggi ho dovuto pulire la bocca con acqua e grissini.

Questo mi ha purtroppo ancora una volta fatto capire ( a mio giudizio ) che l’utilizzo del “ Turbiana “ nella spumantizzazione non sta dando i risultati sperati. Sono anni che seguo questa tipologia di prodotto, ma di fatto, per mia incapacità ed impreparazione, non ho ancora incontrato un produttore che si distingua.

Anno 1999

Cà Lojera Lugana

  • Profumo intenso di pesche gialle e albicocche mature
  • In bocca morbido, sapido, aromi di frutta molto matura, una leggera ossidazione però lo rende un prodotto ormai alla fine di una più che onorata carriera.

18 anni per un vino bianco sono tanti, questo però ci da pienamente un’idea sulla longevità e potenzialità di questo vitigno

Anno 2001

Selva Capuzza   Lugana superiore

 Il termine superiore è stato introdotto nel disciplinare nel 1998. Per fregiarsi di questa denominazione il vino deve subire un invecchiamento od affinamento di almeno un anno a partire dalla data della vendemmia.

  • Profumi abbastanza evanescenti, lontani sentori di albicocca matura
  • In bocca intenso , sapido, aromi di albicocca matura, persistente, abbastanza fresco. Finale con sentori piacevoli di mandorle amare.

Prodotto ancora piacevole, ma la sensazione è che sia arrivato a fine carriera.

Anno 2002

Cà Lojera Lugana superiore

  • Profumo complesso, abbastanza intenso, oltre all’aroma classico di albicocca matura netto quello di agrumi                     mandarino, pompelmo, fino al bergamotto (?).
  • In bocca persistente, sapido, agrumato, abbastanza fresco, finale leggermente mielato.

Lascia la bocca con una gradevole sensazione di pulizia.

15 anni, ma non li dimostra. Notevole. Personalmente l’ho valutato sopra i 90 punti, mi auguro di rincontrarlo! 

Anno 2004

Zenato Lugana Sergio Zenato

  • Colore intenso per passaggio in barrique
  • Profumi evanescenti, quasi assenti
  • In bocca morbido, pastoso, abbastanza persistente, aromi vanigliati, fruttati, un richiamo alla liquerizia, zuccheri in evidenza.

Un po’ pesante anche se abbastanza gradevole. Difficile definirlo “ Lugana “

 Anno 2005

Selva Capuzza Lugana superiore Podere

  • Profumo complesso di erbe aromatiche e di albicocca matura
  • In bocca sentori evidenti di erbe aromatiche ( artemisia), morbido, sapido, intenso, finale amandorlato.

Valutazione verso i 90 punti. 12 anni che proprio non si sentono.

Anno 2006

Cà Majol   Lugana superiore Molin

  • Profumi delicati di frutta matura ( albicocca ), etereo.
  • In bocca morbido, sapido, caldo, aromi di frutta matura e di erbe aromatiche, abbastanza fresco, zuccheri evidenti.

Forte aromaticità al primo sorso poi si attenua lentamente. Gradevole, di buona qualità. Punteggio sopra gli 85 punti.

Anno 2007

Cà de Frati   Lugana I Frati

  • Profumi tipici di albicocca matura e altri profumi non definibili.
  • In bocca morbido, abbastanza fresco, sapido, aromi delicati di frutta matura molto persistenti.

Anche in una degustazione alla cieca non sarebbe difficile identificarlo come Lugana tipico . Alto punteggio.

Anno 2008

Perla del Garda   Lugana Madre Perla

  • Profumi sfuggenti di erbe aromatiche
  • In bocca morbido, sapido, abbastanza fresco, fruttati e di erbe aromatiche non molto pronunciati .
  • Valutazione media

Anno 2009

Citari Lugana superiore La Torre

  • Profumo intenso di erbe aromatiche ( artemisia)
  • In bocca fresco, sapido, morbido, aromi di erbe aromatiche con sfumatura di albicocca matura. Chiude con un piacevole amaro di mandorle.
  • Proprio non male. Punteggio 88 

Anno 2011

Montonale   Lugana Montunal

  • Profumi fruttati e di erbe aromatiche appena percettibili.
  • In bocca persistente, sapido, abbastanza fresco, zuccheri evidenti.
  • Valutazione nella media.

Anno 2012

Polverini Anna   Lugana superiore Antico Podere

  • Profumi appena accennati di erbe aromatiche.
  • In bocca persistente, sapido, zuccheri in evidenza, finale con un accenno di mandorle amare.
  • Valutazione nella media

Anno 2013

Cascina Maddalena Lugana Capotesta

  • Profumi sfuggenti
  • In bocca fresco, sapidi, poco strutturato
  • Corretto con una buona valutazione

Anno 2014

La Rifra   Il Bepi Riserva

La denominazione riserva è stata introdotta nel disciplinare con l’ultima revisione del 2011 ed è una logica evoluzione della denominazione “superiore”. Il vino deve invecchiare o affinare per almeno 24 mesi, di cui 6 in bottiglia, dalla data della vendemmia.

  • Profumi complessi dalle sfumature agrumate e di albicocca matura
  • In bocca morbido, sapido, aromi di agrumi un po’ sfuggenti, nel finale zuccheri in evidenza.
  • Valutazione media

Cadore Lugana riserva

  • Allineato con la tipologia Lugana.
  • Valutazione media

Negli ultimi minuti prima che giustamente ci invitassero ad uscire abbiamo assaggiato al volo le uniche due vendemmie tardive presentate. Due prodotti completamente diversi tra loro. Onestamente per il momento teniamo in sospeso il giudizio e la valutazione. La prima impressione è che siamo difronte ad un vino non passito (ma che punta a questa tipologia) o ad un vino non “ vino”. Non siamo riusciti a ricavarne una identità , secondo me non esprime il territorio, inoltre non sono riuscito a farmi un idea sull’abbinamento cibo-vino che sempre secondo me è l’unica prospettiva vincente per un vino.

CONCLUSIONE

Una serata davvero molto interessante. Abbiamo potuto toccare con mano, una volta di più, come evolve un Lugana nel tempo. Il Lugana evolve senza problemi, anzi migliorando, per più di 10 anni. I prodotti di qualità superiore arrivano ad invecchiamenti anche di 15 anni; a questo punto però inizia una decadenza più o meno rapida. Per il mercato considerazioni inutili in quanto i prodotti non sono più in commercio. Vengono presentati saltuariamente ed apprezzati solo dai patiti come me, per gli altri rappresenta una mera curiosità statistica.

Effetto “effervescenze”

Non potevo che venire suggestionato dalla lettura di “Effervescenze”, di Massimo Zanichelli edito da Bietti. Al primo incontro con un Metodo Ancestrale oltrepadano mi ci sono subito avventurato.

WAI, Provincia di Pavia IGT, Bianco 2016. Tenuta Belvedere di Montecalvo Versiggia.

Vino frizzante da rifermentazione in bottiglia. Di fatto un Blanc de Noir, da uve di pinot nero. Tappo a corona, bella bottiglia “antica” dei ricordi (tanto per intenderci quella con cui mio nonno Bepi imbottigliava i bianchi travasandoli dalle damigiane gorgoglianti…). Un giallo carico, più che dorato, rossiccio. Una evidente velatura da feccia, in massima parte collassata sul fondo. Un’esuberanza di frutto al naso, una freschezza di polpa acerba, ma anche qualche nota fermentativa non propriamente gradevole. In bocca la forte percezione che la bulle seppur di estrema finezza ha minore carica esplosiva, ed è di minor supporto alla struttura acida, presente ma un po’ soverchiata dalla dolcezza del frutto e di tutto il liquido in generale. Piacevole per la novità, difficilmente abbinabile, comprendo il fascino della filosofia e della poesia che sta dietro a questi vini, ma non ancora in grado di emozionarmi. Forse non sono ancora pronto.

d.c.

La velatura non è solo appannamento del bicchiere…

La lettura attuale sul mio comodino.

Ne rimarrà solo uno.

Doppio cartone dalle alterne vicende, quello del Caseo Grande Cuvée Pas Dosè 2001: ma è stato in occasione della stappatura dell’ultima bottiglia del lotto la sorpresa più affascinante. Devo ammettere che non tutte le 12 bottiglie sono riuscite a valicare i limiti del tempo nello stesso modo: alcune di queste, progressivamente aperte nel tempo, erano segnate da decise marcature ossidative. Anche quest’ultima, sacrificata a ben 17 anni dalla vendemmia, mostrava una naturale vena ossidativa, ma la stessa donava note inaspettatamente conturbanti. Il colore di un indiscutibile giallo oro brillante. Olfatto di grande intensità: su tutte una esuberante nota di agrume candito. Al gusto ancora assolutamente tagliente, nessuna rotondità, nè grassezza alcolica. L’arancia ora qui è matura, ed il frutto è dolce, succoso. 17 anni dalla produzione!!! Almeno 14 dalla sboccatura! Monumentale.

d.c.

Millesimo

La retro con errore… applicata etichetta da grande formato, ma ahimè questa bottiglia era normale.

Panorama e… sempre sushi!