Il Mugnaio traccia col gesso
ideogrammi al mandarino.
Potenza della terra,
magia dell’uomo.
By D.T.
Il Mugnaio traccia col gesso
ideogrammi al mandarino.
Potenza della terra,
magia dell’uomo.
By D.T.
Difficilmente, in questo ultimo periodo, un vino è riuscito a sorprendermi così tanto come questo Sinfonia N°13 di Ronco Calino. Complesso, difficile, molto difficile, tanto da non essere facilmente inquadrabile nelle “categorie” franciacortine. Nel bicchiere è d’oro, decorato da innumerevoli microscopici bulicami. I profumi sono intensi, giocati su note di frutta matura, tra un giallo tropicale ed un fresco mandarino. Ma continuano ad evolvere rendendo l’olfatto stordito, incapace di seguire la cangiante scia. Mi si accende un ricordo francese, di quei capolavori costruiti su una stratificazione di vins de réserve, dove ogni strato volesse dire la sua… In bocca è netto, preciso, di freschezza graffiante: la sboccatura di poco più di un anno, dona un carattere di gioventù in sicuro contrasto con la cremosità dell’olfatto. Ma tutto ciò non porta ad una mancanza di armonia, anzi è un ulteriore elemento di complessità. Credo che sia un vino assolutamente introvabile per caratteristiche in tutta la Franciacorta. A ciò si aggiunga una tiratura che più che elitaria è da definirsi esclusiva visti i limitatissimi 115 cofanetti. Tutto ciò aiuta sicuramente la magia…
d.c.
E’ con estremo piacere che Wine Top Blog accoglie le sapienti note del Maestro R.R. ( acronimo nello stile del nostro cahier ). E’ un onore leggerlo qui, ed un privilegio poter ospitare in futuro nuovi racconti.
“E’ nella splendida cornice della Villa Reale che l’AIS Monza e Brianza, guidata dal suo delegato Fabio Mondini, ha organizzato la degustazione delle eccellenze di Bolgheri.
Presenti circa una trentina di produttori tra cui non mancavano i “grandi” che hanno fatto la storia del Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri DOC che da sempre cerca di esprimere tutta l’eleganza, la struttura e la complessità del Cabernet Sauvignon e del Merlot non trascurando Cabernet Franc, Syrah e Petit Verdot.
Presenti quindi Tenuta San Guido con l’oramai leggendario“Sassicaia” (il “primo” cru italiano), Ornellaia (di certo non ci aspettavamo il Masseto…), Guado al Tasso, le Macchiole (sempre eccellente il “Messorio”), solo per citarne alcuni.
Ma nella zona di Bolgheri e Castagneto Carducci, racchiusa tra il mare e le Colline Metallifere, non mancano certo anche audaci produttori alla ricerca di nuove espressioni che il terroir Bolgherese sa esprimere.
Ed ecco allora, ad esempio, Michele Satta storico produttore di Bolgheri Superiore che sorprende con il suo “i Castagni” con la scelta di utilizzare a complemento del Sangiovese una quota del 10% di Teroldego in luogo dell’alloctono Petit Verdot (se anche fosse solo campanilismo è condivisibile), che sa affascinare con il “Cavaliere” (ottima espressione del sangiovese toscano), un vino di grande eleganza che esprime una sublime beva, note raffinate e persistenza e che con i primi grappoli dello stesso sangiovese, sta sperimentando il metodo classico (novità assoluta in questa zona).
E che dire del giovane Fabio Motta, di origine brianzole e allievo dello stesso Satta (entrambi hanno contribuito a realizzare l’idea di Fabio Mondini di riunire tutti i produttori in questa meravigliosa manifestazione), si conferma che a volte col piccolo il dialogo è più coinvolgente e appassionante. Con “le gonnare”, grande espressione del Merlot, ci racconta che è prodotto con viti impiantate su un terreno degradante verso un fosso, ove in passato le lavandaie andavano a lavare i panni, da qui il nome.
Esperienza da ripetersi, ancora un ringraziamento per l’iniziativa e per la partecipazione dei produttori del Bolgheri, sicuramente un’eccellenza italiana.”
By r.r.
…come riuscire a passare bene un freddo pomeriggio invernale…attenzione alla batteria (impressionante)!!!
Quattro anni di lavoro in degustazione alla Dogana Veneta. Appuntamento 11 e 12 marzo a Lazise con 140 rosé dei Consorzi del Chiaretto di Bardolino e della Valtènesi
La Rosé Revolution del Chiaretto di Bardolino e la doc del Valtènesi Chiaretto portano i loro frutti alla Dogana Veneta di Lazise con l’Anteprima dei vini dell’annata 2017. Domenica 11 e lunedì 12 marzo 2018 banco d’assaggio e degustazioni con 65 aziende per un totale di 140 rosé provenienti dalla riviera veneta e da quella lombarda del lago di Garda, per la prima volta unite nella presentazione del Chiaretto.
Quattro anche le masterclass pensate per il pubblico nella prima giornata dell’evento nella Sala Civica del Municipio del Comune di Lazise, che patrocina la manifestazione: appuntamento alle 10.30 e alle 15.30 con la degustazione Il Chiaretto di Bardolino e la Rosé Revolution guidata da Fabio Poli di Ais Verona, mentre alle 14.30 e alle 16.30 Fabio Finazzi di Onav Brescia condurrà il tasting La Valtènesi e il suo Chiaretto: storia e caratteri.
In Dogana Veneta, il Consorzio di tutela del Chiaretto di Bardolino e il Consorzio Valtènesi presenteranno, oltre all’annata 2017, anche i frutti della Rosé Revolution iniziata quattro anni fa. Dalla vendemmia 2014, infatti, i vignaioli gardesani hanno deciso di concentrarsi sulla produzione di un vino dal colore rosa molto pallido, più agrumato e floreale, con l’obiettivo di elevare il rosé a portabandiera del loro territorio.
“Durante l’Anteprima del Chiaretto – spiega Franco Cristoforetti, Presidente del Consorzio Tutela del Chiaretto e del Bardolino – potremo toccare con mano i risultati della Rosé Revolution. I dati del 2017 ci mostrano che il nostro lavoro sulla DOC sta dando i suoi frutti: lo scorso anno abbiamo venduto 9 milioni e mezzo di bottiglie, il 12% in più rispetto all’anno prima, il 37% del totale della denominazione. Ottimi anche i riscontri del Valtènesi Chiaretto, che è intorno ai 2 milioni di bottiglie. Questo gemellaggio fra i due Consorzi del Chiaretto in occasione dell’Anteprima ci permetterà di mettere in luce affinità e differenze dei nostri rosé, che stanno ottenendo un riscontro sempre maggiore da parte dei mercati internazionali, in particolare da quello nordamericano e scandinavo”.
L’orario di apertura al pubblico domenica 11 marzo è dalle 10 alle 18, mentre il lunedì l’Anteprima apre solo per gli operatori dalle 14 alle 20. Il costo del calice per le degustazioni di domenica in Dogana Veneta è di € 15 per l’intero e di € 10 per il ridotto (l’ingresso ridotto è riservato a chi prenota il calice sul sito anteprimachiaretto.it e per i soci Ais, Onav, Fis, Slow Food, Fisar, Ristoranti Che Passione, YouLaziseCard, gratuito per i residenti nel Comune di Lazise, previo ritiro del pass in Municipio), mentre è totalmente libero l’ingresso per gli operatori nella giornata loro riservata, il lunedì.
Il programma completo della manifestazione è disponibile sui siti:
www.ilbardolino.com e www.anteprimachiaretto.it
A cura ufficio stampa: Studio Cru
Michele Bertuzzo 347 9698760 – michele@studiocru.it
Carlotta Faccio 324 6199999 – carlotta@studiocru.com
Kiwi…mandarino… arancia… ancora uno Federico, ancora uno!… mela! Federico, 6 anni, un sicuro futuro da attaccante nel Real Madrid, ed un odio per le bevande con le bollicine. Ma nell’attesa del visibilio della curva del Bernabeu, alla vista di un magico dribbling, oggi ha congelato a bocca aperta l’Editore e lo scrivente, imparando a raccontare i profumi di quel liquido dorato con le bollicine di nome Champagne.
E vi assicuro che c’era proprio tutto! Un’intensità leggera leggera, ma una iniziale conturbante complessità, ahimè sfumata sul finale su una nota di mela, leggermente ammaccata, non particolarmente nobile. Leggero nel cavo orale, pungente, con le papille che progressivamente si addolciscono con note di frutta matura.
Ma Editore? Tu a 6 anni sapevi che esistesse lo Champagne?
d.c.
Granitico, imperioso, sicuramente ancora troppo giovane nonostante le oltre 5 vendemmie. Così appare il Sauvignon Blanc Vieris Sauvignon di Vie di Romans. Sussurra al naso continue note verdi, senza troppa intensità, ma con una variazione progressiva al riscaldamento del liquido: la solita foglia di pomodoro comunemente ad una nota di bosso (piuttosto che di pipì di gatto…), ma poi variando alla salvia fino ad acquisire una nota citrina e di succoso pompelmo rosa. In bocca la sferzante acidità è in grado financo di coprire l’atteso calore ceduto dall’elevato volume alcolico. Ma è qui che mostra le maggiori note di sconnessione (o gioventù), in assenza di una armonia che sancisca la grandezza di un vino che forse verrà con una maggiore maturità. Esce amaro, con un tono verde, direi di asparago, ed anche ciò è piuttosto caratterizzante.
d.c.
Fuori nevica ed oggi la cucina propone uno spettacolare zampone da Perino (Pc). E’ evidente che la mia frequentazione del territorio piacentino non poteva che riempirmi la cantina di vini locali, ed in particolare di Gutturnio, che preferisco, nella tradizione, frizzante. Dal momento che recentemente eravamo “passati” da Santa Giustina perchè non provarne il Rosso “tipico”?
Bottiglia tenuta rigorosamente al fresco. Scende nel bicchiere con una bella vesta brillantemente rossa, con una spuma chiara che tende immediatamente a svanire. I profumi faticano ad uscire la bicchiere, costretti da una temperatura “cautelativamente” tenuta bassa. Affiorano però delicate note di fragolina e forse una floreale peonia. Sincero in bocca, facile, scorrevole nonostante una dotazione alcolica abbastanza generosa. Bella acidità che sgrassa a fondo e permette di dedicarsi a qualche fetta in più del succulento zampone. Vino semplice, ma ideale abbinamento ad una cucina tradizionale.
d.c.
MUSICA PER LE MIE ORECCHIE.. MUSICA!!!
Mettete un signore cinquantenne trentino in una degustazione di Trento Doc in terra bresciana. Mettetelo in mezzo ad una cinquantina di enoappassionati filofranciacortini. E mettetelo a parlare di modello agricolo (trentino) in raffronto ad un modello industriale (Franciacorta?); di modello cooperativo di estrema efficenza che diventa di supporto anche alla società dalle caratteristiche commerciali (da noi oramai le cooperative producono quasi solo vini sfusi…); di società commerciali che producono 50.000 bottiglie (vi assicuro di elevata qualità) senza avere un solo metro quadrato di vigna (qui oramai gli industriali travestiti da finti contadini producono da generazioni vini spumanti fin da prima di Dom Perignon…). Mettete infine che i produttori (poco numerosi) di Trento doc si sono autolimitati nella produzione (oggi arrivata a meno di 8 milioni di bottiglie) per garantire la produzione di vini di montagna (e le cantine vuote di magazzino…), ed in Franciacorta la produzione supera i 17 Milioni di bottiglie, si sono persi il numero di produttori, si piantano vigne in pianura, e si vendono le bottiglie solo dei big… beh, mettete in fila tutto questo, e potrete immaginare come il mio animo anarchico insurrezionalista abbia provato un sussulto di entusiasmo irrefrenabile alla recente degustazione presso l’Associazione Italiana Sommelier delegazione di Brescia di Abate Nero.
Presenti all’evento l’Editore, Tito ed in ultimo lo scrivente, pronti ad affrontare 5 vini del famoso produttore trentino (50.000 bottiglie all’anno senza 1 mq di vigna…). Ed i vini? Seppure non nella loro pienezza espressiva, forse a causa di sboccature troppo recenti, mediamente di elevata qualità.
Super al mio gusto l’Extra Brut (con dosaggio da Nature), senza vendemmia indicata ma riconducibile all’annata 2015: una suadente mela croccante al naso e fiori bianchi primaverili. In bocca ancora molto nervoso, verde, ma degorgiato nel 2018… Acquistabile ad eur 12,50 (qui in Franciacorta nulla di pari qualità a quel prezzo!).
Poi Brut (sempre 2015 non dichiarato): un olfatto delicatissimo seppur non intenso. Esce una nota di cocco e di agrume conturbante. Non mi staccherei mai dal bicchiere… sempre eur 12,50!!!
Di seguito il Brut Rosè: nonostante la gufata di Tito (che aveva recentemente incontrato una bottiglia con qualche difetto) il colore è tenue, tra la buccia di cipolla e la cipria. Un bel bon bon al naso, che scaldandosi diventa chewing-gum. La bocca è fresca, forse un po’ monotematica su un piccolo frutto rosso senza varietà.
Domini Nero 2011. I profilo olfattivo più bello della serata, con personale intensità e notevole finezza. In bocca è ancora “rigido” e molto “arancione” nonostante una sboccatura del 2017. Chissà come e se evolverà?
Cuvée dell’Abate 2008, la stella della serata per la produzione numerica da riserva personale e per il costo non propriamente da primo mercato (eur 27,00): fa fatica ad esprimere grande intensità di profumi; è necessaria una rotazione del bicchiere per accendere il fascinoso richiamo. Si percepisce una mela matura, dolce, gialla, e di nuovo il cocco. Tanto timido al naso, quanto imperioso in bocca: intenso, rotondo, lunghissimo in persistenza. Ritorna questa nota gialla, finisce leggermente amarognolo.
d.c.
Anche qui ne ho perso il numero, segno che è venuto il tempo per inventarsi qualcosa di nuovo…
Ma amo le colline bellissime della Val Tidone (anche se non producono sempre vini indimenticabili..) e devo dire che la cantina del vino di cui parliamo questa sera viene da un vero angolo di paradiso incastonato tra i panorami della citata valle.
Siamo a Santa Giustina, ed avviciniamo un uvaggio di Ortrugo e Sauvignon: Anricus.
Scende pallido nel bicchiere, con un accenno di velatura, che riusciremo ad interpretare solo dopo… Olfatto da vino bianco rustico, pur ammorbidito da un tentativo di ingentilimento e finezza. Nonostante la retroetichetta “affermi la fermezza”, subito appare uno spunto di carbonica (ecco quella velatura) ed una certa non completa armonia: l’alcool, seppur non elevato ed invasivo, viaggia un po’ a parte, e la bocca si inscurisce con una nota verde-amara forse data dalla componente del Sauvignon. Semplice, destinato ad abbinamenti che non richiedono struttura.
d.c.
All’alba del duecentesimo inserto nella nostra rubrica non ricordo se abbiamo mai parlato di un vino che spesso ha impreziosito la nostra tavola ed accompagnato le nostre chiacchiere. E per l’occasione modifico il nome di una mia storica intitolazione passando alla versione francese.
E’ il Satèn di casa Muratori: Cesonato. Delicato, sussurrato sia al naso che in bocca. Tutto è molto fresco e floreale, anche la frutta gialla che ritorna nelle note di retrolfattazione porta la croccantezza della primizia. Satèn paradigmatico, anche nella sua semplicità che potrebbe essere confusa con mancanza di carattere.
E quindi riaffiora in me la solita domanda: ma c’è ancora un mercato trainante per i Satèn franciacortini? Qualcuno mi aiuti…
d.c.