Boccadoro Satèn. Franciacorta

C’era un tempo, in cui giovane mi applicavo con ardente intensità allo studio del vino; ed in quel tempo mi ero ripromesso di bermi, nel corso della mia vita, tutta la Champagne, dalle grandi maison agli sconosciuti garagiste: impresa eroica che solo i giovani dall’incosciente coraggio potevano progettare, ignari della relativa titanicità (e probabilmente irrealizzabilità). Ma oggi, canuto e più prudente nelle “stappature“, mi domando seriamente se sarò in grado, nel mio percorso senza meta, di riuscire almeno a bermi tutta la Franciacorta, pur essendovi di casa… Sempre nuovi produttori nascono, nuove etichette attirano i miei sguardi, e più flebile diventano le mie certezze…

d.c.

Villa Trasqua. Brut. Vsq

Per la rubrica “Vini strani dal mondo”, finalmente un campione che non vede l’Editore come scopritore (in effetti la rubrica più coerente per il nostro Editore dovrebbe essere “Strani vini dal mondo sorprendenti”…). In effetti questo Spumante di Qualità Brut da uve Sangiovese è effettivamente strano, sorprendente… ancora non lo so!
Molto corretto al palato, anche di discreta struttura, ma alla fine un po’ banale. La domanda da porsi è quindi: ma avevamo veramente bisogno di un ennesimo spumante, quand’anche particolare perché prodotto da uve rosse? Io dico di no! A Castellina in Chianti, per favore, lasciatemi solo il mio adorato Chianti!

d.c.

Monti 2015. Barbera d’Alba Superiore doc

Quanta potenza e quanto calore! Non siamo più abituati a questi “Rossi” da masticare. Il frutto rosso che ti riempie la bocca ti invoglia a morsicarne un altro po’, ma poi la felicità sale e la testa comincia a girare… L’ho azzardato su un semplice uovo al tegame  ricoperto da abbondante “trifola”, e non avrei più voluto che quel momento finisse…

d.c.

UN AMORE PREDESTINATO – GALFRIDUS MAREMMA TOSCANA DOC SHIRAZ

Iniziò tutto nel 2017 al Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti. Ricordo ancora chiaramente, nonostante il mio tenore alcolico elevato dopo i tanti assaggi, che sul finire della giornata percorrendo i lunghi corridoi stipati dai tantissimi espositori, venni attratto dalle artistiche etichette. Assaggiai così, per la prima volta i vini di De Vinosalvo piccoli vignaioli, su circa 4 ettari, della maremma toscana. Fu senza ombra di dubbio l’avvolgente e intensa profondità del Galfridus, presumo all’epoca annata 2012, che mi stupì e così, privo di alcun indugio, mi accaparrai una bottiglia. Ma si sa l’imprevisto a volte è dietro l’angolo. Si, in uno spigolo dello scaffale della mia cantina dove, poco tempo dopo, ho urtato la bottiglia che cadendo è andata in frantumi. Ora la rabbia monta sempre velocemente in queste circostanze, ma ricordo che quella volta ci rimasi davvero male: “tra le tante, proprio quella doveva rompersi!!”. Ne avevo solo una. E in amor si sa vince chi fugge, ero disperato!! Ma il destino a volte sa riservare piacevoli sorprese…..E così trascorsi ormai quasi due anni, qualche giorno prima della manifestazione riceviamo un invito dall’azienda De Vinosalvo a partecipare alla FIVI 2019 tenutasi a fine novembre a Piacenza. Ci accoglie Claudio all’ingresso omaggiandoci dei biglietti, a cui offriamo un piccolo souvenir gastronomico piacentino da gustare insieme ai suoi vini nel pomeriggio.Trascorriamo la piacevole giornata tra gli assaggi e le battute, unitamente al gruppo dei soliti noti come già accuratamente descritto da D.T. Eccoci quindi giunti da Claudio che unitamente ad Alison, australiana enologa della cantina, ci fa riassaggiare le loro eccellenze. Partiamo alti, nel bicchiere il Santàrio 2015 Shiraz in purezza frutto dell’esperienza maturata da Alison nella gavetta australiana sull’internazionale vitigno. Occhieggia il rubino nel luminoso violaceo, naso importante in cui nell’iniziale nota pepata emergono frutti di bosco e viola seguiti poi dal cioccolato. Sorso tosto, forse merita ancora un po’ di riposo, già comunque avvolgente in cui riaffiora il pepe accompagnato da bacche di ginepro. Bene equilibrati i 14,5 gradi supportati da acidità e piacevoli tannini. Lunga in bocca la persistenza. Un gran bel bere! Avanti con il Galfridus 2014 Selezione del Saggio sempre 100% Shiraz. Rubino profondo dai porpurei riflessi. Penetrante al naso, un pot-pourri di fiori rossi intrecciato da amarene e more macerate seguite da appagante cioccolato nero e nuance di vaniglia. Beva voluminosa e calda, l’apporto del legno è poco invadente con tannini di elegante fattura e fini sensazioni sapide. La chiusura potente e lunghissima lascia una scia di balsamico. Potenziale evolutivo enorme. Che spettacolo! Ritrovo l’amore perduto. Un plauso a Claudio ed Alison per la passione che sanno trasmettere ai loro vini. Grazie ancora per il bel pomeriggio trascorso insieme e per il gradito omaggio. Non ci resta che raggiungervi prima o poi in maremma per un pic-nic.

R.R.

Punggl 2016. Pinot Grigio. Sudtirol-Alto Adige Doc. Nals Margreid

Bello, caldo, profumato. Lo stappi e ti racconta di agrumi verdi e bergamotto. Molto pericoloso: se sei intento a chiacchierare amabilmente con un amico, peggio con una donna, rischi di berne una cassa intera… ma poi però l’alcol ti piega! Da classificare assolutamente tra gli antidepressivi potenti (oppure tra le pozioni miracolanti): è un inno alla vita, è una preghiera al dio Sole.

d.c.

Quale il modello per i vini rossi di Franciacorta?

Ed ogni tanto mi riaffiora il pensiero: ma perchè in Franciacorta si insiste a produrre ancora (tanto) vino rosso? In un mondo inondato da Prosecco, in un mercato (senz’altro quello italico) dove la bollicina franciacortina ha saputo ritagliarsi una nicchia di emergente valore, in un mondo che pare avere interesse solo per le bolle, non importa se provengano dal Regno Unito o dalla assolata Trinacria, ma perchè continuare a produrre vini rossi? Che peraltro sono rimasti bloccati su modelli fermi ad almeno una decina di anni fa. Vino rosso se ne beve di meno, anche perchè lo stanno emarginando… I grandi chef sembrano progettare i loro piatti solo in funzione di un abbinamento superacido e bollicinoso; se ti azzardi a bere un bicchiere ed un dito di vino rosso è meglio che lasci la macchina parcheggiata e ti fai chiamare un taxi; anche nelle trattorie champagnotte ed etichette fluorescenti vanno per la maggiore, con abbinamenti azzardati a cucina “tradizionale” (prima o poi lo provo il prosecco con lo strinù o con lo spiedo… forse è ancora preferibile la CocaCola!). Eppure il vino rosso io lo bevo ancora (spero di averlo dimostrato almeno in questo nostro diario di incontri) e lo bevo per il lungo ed il largo dell’italica penisola, ma nessuno è rimasto al palo come il Curtefranca doc. Ma perchè? Forse i miei amici/maestri del blog potranno darmi qualche risposta. Forse i fatturati calanti non spingono ad investire? Oppure, a mia insaputa, questi vini, che costicchiano e non possono essere tutti definiti vini da pasto, hanno un loro mercato stabile (“effervescente” non ci credo!). Ma perchè per questi vini il gusto è rimasto a quello dei primi anni novanta? Si è vero: il legno è sparito! Prova che le cantine stanno risparmiando… E si intenda che non ce l’ho con la cantina la cui bottiglia vedete ritratta qui sotto, e che mi ha aiutato ad abbinare un piatto della tradizione bresciana. Di questa cantina amo irrefrenabilmente le sue bollicine, ma non credo aprirò più un loro Curtefranca Rosso, privilegiando altre zone, anche non lontane dalla Franciacorta (vedi il Benaco, su entrambe le coste, o il Trentino, e perchè no il Veneto? Etc etc.) dove ancora si investe molto sulla qualità e sulla continua evoluzione del gusto che modifica anche la tradizione: temo di più la pigrizia ( e le casse vuote…), che la giustificazione di un fantomatico ancoraggio alla tradizione.

Editore… D.T… R.R… Tito… aiutatemi a capire…

d.c.

Braccale 2006. Maremma Toscana IGT. Jacopo Biondi Santi

Sangiovese fuso con Merlot. Vino che nasce probabilmente con progetti di “umiltà” e che effettivamente non è stato in grado di sopportare adeguatamente il riposo d qualche anno in bottiglia: nessuna nota ossidativa, ma tanta, troppa debolezza aromatica sia nei profumi, per nulla intensi e di triste monotonicità, sia al gusto che ha perso completamente la struttura acida, ha annullato la presenza tannica, ma mantiene solo ed esclusivamente il calore alcolico. Forse dieci anni fa la stappatura avrebbe regalato maggiore espressività, ma noi, oramai, ricerchiamo nei nostri vini solo emozioni “forti”.

d.c.