Satèn. Betella. Franciacorta

Io la frutta tropicale non l’ho trovata! Ma è un Satèn gradevole, molto delicato, giocato su note verdi tra frutta croccante (su tutto la mela) e vegetale, che lascia una sensazione di dolcezza sia al naso che al palato, indicando nell’aperitivo la consumazione ideale. Sboccatura 2015 e vino che ha mantenuto perfetta la sua integrità, segno di una sapiente tecnica di vinificazione.

d.c.

Lugana 2008. Ca’ Lojera

La Turbiana di Sirmione, la migliore che io conosca: Cà’ Lojera! Avere 12 anni, non aver ricevuto le coccole destinate alle riserve, ed essere straordinario: questo è ciò che tutte le volte ci sorprende di questo straordinario vino. Il bicchiere si tinge di un bel giallo oro brillante come il sole ferragostano. L’aria si inebria di camomilla, foglie di tè e solo in coda di frutta matura come albicocca e pesca, ma rimane, di fondo, una traccia balsamica e magica. Equilibrio in bocca misurato, tra un’acidità tutt’altro che arretrata ed un morbido abbraccio alcolico, che aiuta la succosità del frutto che permane ed addolcisce anche gli animi più irrequieti.

d.c.

Nuits-Saint-Georges 2000. Antonie Bouteiller

E chi se lo poteva aspettare? Il mio vizio di portare all’estremo l’affinamento del vino è rimasto sorprendentemente fregato… sì perché la bottiglia, portata a 20 anni di riposo, pur provenendo da una zona magica, non era assolutamente nobilissima, peraltro con tappatura in silicone! E ciò ha scatenato ulteriore stupore! Fin dalla stappatura spinge: i toni sono sicuramente terziari, ma nessuna traccia di ossidazione. I profumi all’inizio un po’ confusi, tra il cuoio e l’ “animale”, ed il tabacco. Poi si stabilizzano su note di frutta cotta ed ortaggi; con l’ossigenazione affiora un particolarissimo carciofo, abbastanza raro nei miei ricordi. Vent’anni e la freschezza è lì, struttura indelebile dell’intera trama, sicuramente agevolata da un blando tenore alcolico ed un tannino sussurrato. Chiusura infinita di cacao.

d.c.

Poggio de’Colli 2006. Mauro Vannucci. Toscana Igt

La chiamano ancora “Uva Francesca” proprio come la chiamava la regina di Francia Caterina de’ Medici nel 1500; e ciò è prova che su quelle colline sono cinquecento anni che addomesticano il Cabernet Franc.

Sono passati un po’ di anni dalla vendemmia, ma il vino, integro, brillante, di grande carattere non cede mai alle tipiche note varietali: le attese note verdi qui sono viola, prugna, tabacco biondo, more di gelso. Al palato tutto è misurato scientificamente: acidità, morbidezza e tannino si inseguono lungo i percorsi delle papille, distinti e coesi in un equilibrio mirabolante. Chiusura lunghissima su note fruttate e di cacao.

d.c.

Chateau Haut-Grillon. 2001. Sauternes

C’era un tempo in cui eravamo ammaliati dalla magia degli effetti della botrite, e ci si avvicinava a questi vini con una certa sacralità. Poi il nostro gusto è cambiato, si è indurito, ed abbiamo abbandonato le bottiglie dolci. Per fortuna io le ho abbandonate in qualche angolo della cantina e ogni tanto riaffiorano. Nonostante la cantina non sia delle più blasonate, il vino è arrivato alla nostra seconda decade perfetto e piacevolissimo. Al naso dolci effluvi di albicocca e pesca disidratata. Mai, neanche al variare della temperatura, compare quella greve nota di zafferano, che nelle zone “sacre” è ritenuto un difetto! Al palato le morbidezze di zuccheri e note alcoliche vengono ben compensate da una vivida acidità che è struttura tramante. Peccato che al contempo non sia affiorata anche una scaloppa di foie gras…

d.c.

Lacourte-Godbillon. Brut. Champagne

Ecueil (ed in piccola parte Les Mesneux) sono vigne a sud-ovest di Reims: in bicicletta dalla piazza della cattedrale le raggiungi in tre minuti. Esposizione perfetta e naturalmente predominanza del Pinot noir. Il vino? Uno spettacolo! Lo Champagne che piace a me! Un delicato agrume al naso: mandarino ed un po’ di bergamotto. In bocca persino violento, tanto è duro e scorbutico; pura scossa di elettricità. Il tutto a prezzi assolutamente alla portata di coloro che si avvicinano assetati al mondo della spumantistica.

d.c.

Satèn Vintage Collection 2015. Cà del Bosco. Franciacorta

Editore… come sempre hai ragione tu! Mi lasci parlare ed arrovellarmi nel mio non gradimento del Satèn franciacortino e poi… devo smentirmi immediatamente davanti a questo Satèn, bellissimo.
Va beh… Editore… d’ora in poi me la prenderò solo con alcuni Satèn!
Questa è l’ennesima prova che in Franciacorta la Cantina vero faro della produzione e traino dei modelli di gusto è sempre più, con distacco, la cantina di Patron Zanella.

d.c.

Il Pareto 2006. Tenuta di Nozzole. Toscana Igt

Un eccellente Cabernet Sauvignon in terra di Sangiovese. Di eleganza suprema, dai profumi di viola, tabacco e macchia mediterranea, straordinaria evoluzione o interpretazione del vegetale varietale. Così come in bocca la struttura è già di per sé motivo di appagamento: acidità non scalfita, tannino setoso, sapidità di chiusura. Il palato si fa avvolgere dalla pienezza di un succo fruttato e vi si addormenta insieme nella sua perdurante lunghezza.

d.c.

Écrin. Brut. La Chapelle. Champagne

Eravamo stati un po’ severi un anno fa, quando avevamo incontrato per la prima volta questo Écrin, proveniente dalle colline che danno lo sguardo settentrionale su Reims. Era apparso un po’ deboluccio (soprattutto se confrontato ad una etichetta gemella degustata parallelamente). Senz’altro meglio la bottiglia di qualche giorno fa! Ancora molto giocata su note dolci di frutta, forse troppo dolci per i nostri attuali gusti, pur nel limite dell’indicazione Brut. Un discreto bicchiere: nulla per cui stracciarsi le vesti o invocare al miracolo, ma sicuramente dall’apprezzato rapporto qualità-prezzo (considerando che ci è stato consegnato in Italia ad un prezzo in linea con un “normale” Franciacorta “base” (lo so lo so che non vogliono che si dica più così…).

d.c.