Vedo il Pinot Mugnaio (in quota) e l’assenza di zuccheri ed i miei occhi brillano innamorati…se poi le colline degradano verso Reims, potrà anche essere un Premier Cru, ma io sono completamente perduto!
Pensate voi che l’Editore ama abbinarlo al tartufo bianco: è o non è lussuria questa?
Un vero rosso bresciano, fragrante, forse anche un po’ rustico, ma perfettamente abbinabile alla nostra cucina (un po’ grassa…). Stupefacente la sensazione di giovinezza di un vino che all’anagrafe segna già il primo lustro.
Cena alla Marina di Scarlino. Pesce, solo pesce! E perché no? Vermentino locale! Due esempi diversissimi: il primo (Solosole, Tenuta Poggio al Tesoro) che porta in se il calore di un frutto giallo maturo in piena coerenza con il nome. Il secondo più delicato ed impostato su elevata acidità. Il primo “spesso” e di corpo, il secondo sottile e nervoso. Entrambi di una sapidità caratterizzante. Diversi ma splendidi.
Sboccatura 2019, note ossidative mielate (che nella prima stesura il mio IPhone aveva correttamente interpretato e sovrascritto con “moleste”) già partite! E ciò, per me, non è accettabile.
Conosco Stefano da un po’ di anni, fin dalla precedente esperienza in Franciacorta. Adoravo i suoi vini facilmente rappresentabili con l’aggettivo “essenziali”. Ma qui no! Qui non vi è nulla di essenziale, bensì la voglia e la capacità di stupire. Meravigliosa novità in un panorama ahi noi sempre più omologato in terra di spumanti franciacortini. Di ispirazione e gusto francese, dalla sublime fattura… Merci monsieur Camillucci!!!
Perché qualcuno non pensi che sia sempre critico verso una “particolare” cantina (anche se obiettivamente non ne sono un fan sfegatato…) ecco subito la controprova con questo Viognier, certamente non un vigneto tra i più tipici nella Bassa Toscana, che mi è parso di ottima qualità e soprattutto di un eccellente rapporto qualità/prezzo! Profumatissimo, di ampissimo spettro olfattivo; corretto e molto fresco al palato. Questo sì da bere oltre la modica quantità…
Un sempre più tipico uvaggio tra il taglio bordolese ed una quota di Sangiovese ahimè non nota. E si sentono entrambi… verdognolo al naso un po’ “peperonato”, giovanile e “fruttone” al palato. Vino dal consumo quotidiano (di cui non ne sentivamo la necessità).
La partnership con 5 università perseguendo sperimentazione e ricerca. Un progetto di neuro-marketing con la possibilità di sottoporsi a una analisi emozionale grazie a una sofisticata “Poltrona sensoriale”. La collaborazione con scuole alberghiere e istituti agrari per offrire agli studenti l’opportunità di un percorso formativo dalla teoria alla pratica in cantina, grazie al progetto “Vinifichiamo insieme, dalla vigna al vino”. Una vera e propria accademia sul terroir e la possibilità di scoprire e conoscere centinaia di aromi del vino grazie alla presenza di una banca aromatica, creando il ricordo dei sentori da ritrovare poi nel bicchiere. Un piano di ecosostenibilità a 360°, che vede l’utilizzo di moderni strumenti per la riduzione e il riciclo delle emissioni di Co2, l’impiego di materiali ecocompatibili e la partecipazione al “Progetto Vino” che consente di salvaguardare uccelli in via d’estinzione preservando la biodiversità del territorio. La presenza di stazioni meteo connesse fra loro che permette una gestione ridotta dei fitosanitari utilizzati solo all’occorrenza e non a calendari in modo preventivo. Siamo da VigneOlcru, immersi tra i vigneti di Santa Maria della Versa nel cuore dell’Oltrepò Pavese. Grazie a un importante investimento della famiglia Brambilla nel 2013 viene inaugurata questa avveniristica e innovativa cantina volta alla valorizzazione del Pinot Nero. Ci troviamo infatti nell’area più estesa d’Italia – terza in Europa – per la coltivazione di questo nobile vitigno. Qui si vanta anche una lunga tradizione di spumantizzazione con Metodo Classico di cui si hanno tracce sin dal 1870. E così, il simbolo della cantina non poteva che essere la croce Benedettina, in ossequio ai monaci che coltivavano il Pinot Nero all’interno dei loro conventi e l’incisivo nome Olcru, un omaggio a zona e vitigno (“Ol” è riferito ad Oltrepò mentre la denominazione “cru” è una dedica al Pinot Nero). Passeggiamo nei 29 ettari vitati in cui troviamo oltre a 40 diversi cloni di Pinot Nero anche Chardonnay, Moscato, Croatina e Barbera poi ancora, in minor quantità, Uva Rara, Vespolina, Dolcetto, Nebbiolo e Moradella destinati all’assemblaggio del No’ singolare blend di casa Olcru. Interessante la parte di vigneto adiacente la cantina in cui possiamo vedere sul campo, a scopo didattico, le diverse forme di allevamento della vite. In zona anche i filari “intitolati” ad associazioni private e istituti scolastici per la produzione in loco, nell’area adibita ad accademia, del “proprio vino” che troveremo poi ad affinare nelle barrique sempre in “affitto”. Entriamo nell’imponente struttura, dotata di attrezzature all’avanguardia. Sulle pareti gli schemi esplicativi della costante mappatura dei vigneti, grazie al monitoraggio satellitare, così da poter valutare le curve di maturazione e di effettuare gestioni agronomiche in base alla vigoria delle piante, senza tralasciare lo studio del sughero e dei tappi da destinare alla presa di spuma del Metodo Classico. Ci immergiamo poi nella barricaia in cui non poteva mancare lo studio dei diversi legni utilizzati e dove è possibile ammirare la collezione di storici Jeroboam di Metodo Classico (dal 1985 al 1991). Saliamo nella parte alta della struttura dove troviamo un elegante e sofisticato wineshop che ospita una semipermanete di arte moderna. Ancora più su scopriamo la panoramica sala di degustazione, una maestosa terrazza sulla splendida cornice dei colli dell’Oltrepò. Insomma, una vera e propria fucina di stile, progetti e innovazione ma anche tanta sostanza: sono circa 200 mila le bottiglie prodotte all’anno. Assaggiamo allora qualche Pinot Nero, iniziando dalle bollicine Metodo Classico tutte rigorosamente nature e millesimate. Partiamo dal Virtus Pas Dosè 2016: 85% di Pinot Nero e 15% di Chardonnay che dopo 30 mesi sui lieviti si presenta paglierino intenso dal vigoroso perlage. Tanta polpa a cui non manca la croccantezza. Intrigante beva dal taglio attuale. Proseguiamo con il VictoriaPas Dosè 2016 elegante rosè 100% Pinot Nero, sempre affinato 30 mesi. Affascinante il rosa retrò di fine bollicina. Affilati effluvi di frutto rosso, fragoline di bosco e ribes, poi avvolgente pan brioches. Bella e decisa interpretazione. Avanti con il Verve Pas Dosè 2014 sempre Pinot in purezza ma vinificato in bianco. Occhieggiano riflessi dorati nell’intensa effervescenza. I 50 mesi sui lieviti portano in dote una coinvolgente complessità aromatica che esala sentori agrumati e note di miele su crosta di pane. Beva importante che merita il giusto accompagnamento culinario. Passiamo alle due versioni in rosso. Da prima l’Enigma Nero, affinato esclusivamente in acciaio che assaggiamo nella versione 2018. Interpretazione decisamente contemporanea, di tendenza (permettetemi di dire) “alto altesina”. Lucente e vivace carminio, esprime note di sottobosco e ciliegia accompagnate da lieve speziatura. Sorso preciso di immediata freschezza aromatica. Chiudiamo con il Coppiere Nero annata 2017. Riposa 20 mesi in barrique di rovere francese. Nobile rosso rubino dal raffinato bouquet dove il ribes è inseguito da liquirizia e cacao in cui poi entrano balsamico, confettura di mirtilli e l’immancabile pepe nero. Sorso morbido e intenso dai garbati tannini. Di lunga e piacevole persistenza. In attesa di assaggiare il resto della produzione…..non ci resta che dire: “e W e W il Pinot Nero!!”
Un ringraziamento a Fabio Mondini referente commerciale di Olcru oltre che caro amico e a Massimiliano Brambilla galante padrone di casa, che ci hanno accompagnato nella visita di questa progettuale e innovativa cantina. Al prossimo bicchiere insieme!! (uno solo?…..)
Ovvero “Un angolo di Francia rivoluzionaria sulle rive del lago di Bolsena”!
Beh… ammetto che questo biologico non è immediato, né tantomeno consigliato ad un palato impreparato, però, qui dentro, c’è tanta roba…
Il naso è di una complessità imbarazzante: l’approccio da tisana dalle mille erbe aromatiche ti stordisce. Sembrano all’inizio prevalere i sentori di camomilla, ma poi si scatena un potpourri di petali floreali e poi erbe aromatiche (quanto timo!) e poi ancora esplosioni floreali e vegetali, e con la temperatura una crescente percezione di salsedine. La sensazione di tisana (…) si trasferisce poi in bocca (e li temo che il neofita del biologico si possa perdere): il liquido è scorrevole, non si percepisce la componente acida, paradossalmente una sensazione di ruvidezza vegetale, che però non mi ardisco a definire tannino, e forti note salmastre. Non ha persistenza lunga, ma il vino è profondo, e ti racconta di luoghi lontani ed antichi, di semplicità agresti, di sole estivo e di rive…
Avvicinato ad una serie di antipasti di pesce, non è riuscito ad abbinarsi, ma ha poi trovato un connubio quasi esemplare con una pasta riccamente impreziosita da piccoli pesci di acqua dolce.
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