Ennesima scoperta di mio cognato non certo nuovo a stanare intriganti Merlot in giro per il Bel Paese. Appassionato sì, ma chissà poi dove li va a scovare. Questo proviene da pochi filari, circa una 20ina, di particelle variabili da anno in anno della tenuta Cecchetto, storico produttore trevigiano di cui ricordo le varie vinificazioni dell’autoctono Raboso. Credo fosse il 2015 quando assaggiai per la prima volta il suo Merlot, allora del millesimo 2012. Mi aveva subito ammaliato. Da allora, per quanto centellinate – certo l’esigua produzione non aiuta – mio cognato ogni anno non manca di procurarci qualche bottiglia di Sante Rosso. L’ultima bevuta insieme a metà febbraio, bei ricordi pre-pandemia, era dell’annata 2016 di cui ho ancora vivo il ricordo di un piacevolissimo avvolgente cacao in chiusura.
È con la mente a tale ricordo che, in fase di pieno lock down, non ho resisto alla tentazione e così ho aperto una bottiglia dell’ultima fornitura a mie mani, già annata 2018. Un po’ giovane?
Appare compatto il fitto rubino nel bicchiere, graffiato da leggerissimi riflessi violacei. Al naso entusiasma il deciso sottobosco a cui si affacciano spezie e tabacco rincorsi da accenni minerali.
Entra in bocca vigoroso con quella appagante potenza che ricordavo, avvolgente e pieno. Lunga la persistenza che riempie il palato di frutti rossi in confettura.
Sì lo ammetto, pur non raggiungendo appieno le percezioni evolutive dell’ultimo assaggio, la curiosità di provarlo mi ha ripagato con piacevolissime sensazioni a garanzia delle potenzialità di affinamento. Riposi quindi ancora qualche anno nella mia cantina l’altra bottiglia di pari annata.
Grazie ancora Milli!!
R.R.
Condivido al 100% la recensione.
Confermo che, probabilmente già da metà 2021, e sicuramente nel 2022, sarà motivo di grande soddisfazione degustare una bottiglia del 2018.