Exultet 2017. Fiano d’Avellino docg. Quintodecimo

Certo che siamo strani! Teniamo in cantina, coccolate e vezzeggiate, bottiglie che magari meriterebbero un pronto consumo, solo per il gusto di vedere come sarà domani, ed invece quelle nate appositamente per sopportare anche lunghi invecchiamenti le stappiamo subito.., forse solo per vedere l’effetto che fa…

Data la carica corrosiva dell’acidità, l’invasiva percezione di sapidità, la netta sensazione olfattiva di legno (nobilissimo) la bottiglia avrebbe meritato la stappatura come minimo nel novembre 2027 (forse qualche sapiente l’avrebbe dimenticata in cantina fino al 2035…), ma noi no! L’Editore ( e chi se no?) non ha atteso un solo minuto ed i calici erano già ampiamente colmi per l’incoerente nuova esperienza. Verde luminoso alla vista, di brillante trasparenza. Profumi immaturi ed impegnativi: da note erbacee e vegetali, a sensazioni minerali e poi marine, per poi virare, con la temperatura, ad un netto burro di nocciole con cui mantecare tutti i nostri sensi. Il legno arriva, solo dopo, solo dopo un bel po’ e ricorda le delicate tostature della Borgogna. In bocca è solo una miscela di acido e sale: troppo immaturo per essere considerato un grande; troppo perfetto, nella sua collimata calibratura, per essere deludente. Mettetelo via! Muratelo in qualche intercapedine del muro! Lasciate un biglietto per il 2035, nella speranza di poter essere voi i futuri scopritori…

d.c.

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