NOTE SUL TARTUFO BIANCO MANTOVANO
Del tartufo bianco mantovano ne ho sentito parlare qualche volta quando andavo a tenere delle lezioni all’ A.I.S di Mantova sui funghi e sui tartufi. La questione mi aveva lasciato molto perplesso tanto che non occupandomi specificatamente di Ascomiceti ( tartufi, spugnole etc. ) mi sono rivolto a specialisti del settore, ma anche da loro ho avuto solo notizie vaghe, vi erano solo voci di ritrovamenti nel ferrarese e nel ravennate, più o meno come i nostri ritrovamenti abbastanza casuali in Val Sabbia. Un paio di anni fa alcuni amici mi hanno fatto avere un camioncino di questo prodotto e dopo un rapido controllo al microscopio è risultato essere proprio il Tuber magnatum Pico: Tuber magnatum è il nome scientifico, Pico è colui che ha dato il nome scientifico. Per chi volesse saperne di più: Vittorio Pico, torinese, nel 1788 nella sua tesi di laurea in medicina, a pag. 79 ha classificato validamente (secondo regole nomenclaturiali, stabilite in seguito) il tartufo bianco di Alba come : Tuber magnatum.
- LUOGHI DI RITROVAMENTO DEL “ Tuber magnatum “
Basso Piemonte: Roero – Langhe – Monferrato – Monregalese
Lombardia: Borgofranco sul Po – Carbonara sul Po. In provincia di Mantova
Basso Friulano: Boschi planiziali nella zona di Muzzana del Turgiano
Appennino tosco-emiliano
Appennino umbro-marchigiano
Crete senesi
Umbria: provincia di Pesaro-Urbino
Toscana: Colline Sanminiatesi ( Pi )
Marche
Molise
Campania
Calabria
Sicilia
Per il momento è stato trovato solo in Italia. Salvo in Istria ( trovato da italiani durante la costruzione di una ferrovia che raggiungeva Pola ).
Cresce in terreni marnoso-calcarei ed è indispensabile la presenza di almeno una delle seguenti latifoglie: Faggio, Cerro, Rovere, Pioppo, Carpino, Tiglio, Salice. E’ necessaria anche una certa umidità. Può essere trovato ad una profondità che varia da pochi centimetri fino ad oltre un metro. La raccolta è attentamente regolamentata, va dal 15 di Settembre al 31 Gennaio (Piemonte). Ogni regione però può emettere proprie norme. Il costo attualmente, data la buona produzione, si aggira sui 2000- 2500 € al Kg.
Ma torniamo al nostro tartufo mantovano. Io e l’amico Paolo finalmente siamo riusciti ad organizzare una spedizione cultural-gastronomica in quel di Borgofranco nel periodo della maggior presenza dell’amato tubero. Prima tappa il museo del tartufo dove una persona dell’organizzazione aspettava il buon Paolo. Sono stati illustrati gli ambienti di ricerca, le tecniche usate, l’addestramento dei cani etc. fino all’ora di pranzo, così eravamo preparati ad affrontare un’abbondate degustazione. Fortunatamente siamo stati accomandati al ristorante “Il trifoglio” di Revere , altrimenti con le nostre sole forze, data la grande affluenza di gente, avremmo probabilmente dovuto saltare il pranzo. Pranzo ovviamente a base di tartufo. Per prima cosa un antipasto “ Crostone al tartufo “: preparato da una fetta di pane abbrustolito impregnato di un sughetto a base di carne, ossa e tartufi, sopra un preparato che non siamo riusciti a scoprire di cosa era fatto tranne ovviamente un delicatissimo sapore di tartufo. Preparazione straordinaria e gradevolissima. Una scoperta di nuovi sapori dall’elevatissima qualità e piacevolezza. Mi è venuto spontaneo raccogliere con un pezzo di pane anche le gocce rimaste nel piatto. Al diavolo l’etichetta!
Dopo questa fantastica avventura occorre preparare il palato per la successiva esperienza con un vino adatto allo scopo. Ci viene consigliato un lambrusco locale: L’ “incantabiss” ( incantatore di serpenti ) del Fondo Bozzole di Poggio Rusco.
Del lambrusco abbiamo trovato solo il nome e la frizzantezza. Vino scuro quasi impenetrabile, al naso sentori distinti di frutta rossa, in bocca fruttato dal finale asciutto, una struttura poderosa, armonico, caldo, persistente. Lambrusco di nome ma non di fatto, adattissimo all’abbinamento proposto. Proseguiamo con il nostro pasto con un ulteriore antipasto: “ millefoglie di patate al tartufo “. Preparazione buona, ma un po’ scontata. Il livello del “crostone” è stato tale che qualsiasi cosa assaggiata successivamente ne sarebbe stata penalizzata. Si passa quindi al primo: “ risotto al tartufo “ . Risotto cotto con il sughetto del crostone interamente coperto da un tappeto di fettine di tartufo. Un sapore pieno e persistente, delicato ed invitante, con l’ Incantabiss un matrimonio perfetto.
Qui però ci siamo fermati! Le nostre papille gustative ci avvisavano che il livello di sazietà era raggiunto! In ossequio al “ troppo stroppia “ ci siamo fermati e siamo andati in giro per Borgofranco a meditare.
L’osservazione che mi ha colpito di più riguardo al tartufo bianco mantovano è che molti consumatori si aspettano un prodotto dall’aroma più intenso e rimangono delusi dalla sua delicatezza. Mi ha colpito anche l’osservazione che essendo meno intenso per ottenere risultati aromatici simili a quello di Alba o di Acqualagna occorra utilizzare più prodotto e quindi, essendo il costo riferito ad un borsino comune, quest’ultimo risulta essere più costoso. Non ho risposte penso però che anche il tartufo mantovano sia degno degli altari della gastronomia più raffinata.
Una seconda osservazione deriva dal fatto che vi sono grandi amanti del tartufo da un lato e dall’altro altri che lo detestano visceralmente.
Alcuni psicologi mi hanno detto che è molto difficile spiegare i meccanismi della psiche in fatto di gusti, qualche altro invece si è sbilanciato nel dirmi che essendo il tartufo un bene di lusso, il consumatore nell’utilizzarlo si sente particolarmente gratificato dalla considerazione che la sua condizione sociale è superiore a quello della massa. E’ in pratica lo stesso principio che muove chi consuma bottiglie di gran pregio, il cui contenuto, se non fosse in evidenza la prestigiosa etichetta, sarebbe paragonabile a vini ben più comuni: le degustazioni alla cieca ne sono la classica testimonianza. Meditate gente, meditate!
Quali vini dobbiamo prendere in considerazione per un buon abbinamento con il Tuber magnatum? La mia modesta esperienza mi suggerisce vini indifferentemente bianchi, rosati o rossi con le seguenti caratteristiche: freschezza, corpo, persistenza. Personalmente non gradisco i vini con una certa tannicità, anche se ammorbidita da lungo invecchiamento.
Cosa possiamo abbinare di meglio di una bollicina nostrana ( non pas dosè o dosaggio zero ) o una francese e… Eviterei, salvo eccezioni, quelle friulane. Oppure un vino bianco del Collio, fresco e potente, ovvero una riserva del Lugana e così via. Un chiaretto Valtenesi base groppello dell’amico Ferrarini che ho messo in abbinamento con il nostro tubero pochi giorni fa è senz’altro una scelta di successo. In ultimo anche il lambrusco prima citato.
Coraggio per conoscere bisogna provare. Sono sicuro che se appartenete al gruppo di coloro che apprezzano il tartufo bianco non resterete delusi.
Consiglio prima di un acquisto passare in banca per un piccolo mutuo.
Gradirei i Vostri pareri.
Tito