Lo so… lo so… tipica affermazione (anche ai limiti dell’etica) di un winesnob come me! Ma molto spesso lo Champagne è un insostituibile cerotto per i mali d’umore.
Dimorava nella mia cantina da almeno 7 o 8 anni, proveniente direttamente da una missione a Bouzy. Colora il bicchiere di un giallo carico, già promettente oro, reso vivace da microscopici filari di bollicine. I profumi, per quanto solo sussurrati, evocano il miracolo: prima lime e pepe rosa, per poi dare spazio ad un miele di castagno, segno che l’ossidazione ha cominciato ad insinuarsi nelle virtù, per poi far nuovamente affiorare una prugna disidratata. In bocca scende citrino, ma subito lascia il passo ad una dolce cremosità, suadente e lunghissima. Chiusura su percezioni sapide.
d.c.
CCLVI