MUSICA PER LE MIE ORECCHIE.. MUSICA!!!
Mettete un signore cinquantenne trentino in una degustazione di Trento Doc in terra bresciana. Mettetelo in mezzo ad una cinquantina di enoappassionati filofranciacortini. E mettetelo a parlare di modello agricolo (trentino) in raffronto ad un modello industriale (Franciacorta?); di modello cooperativo di estrema efficenza che diventa di supporto anche alla società dalle caratteristiche commerciali (da noi oramai le cooperative producono quasi solo vini sfusi…); di società commerciali che producono 50.000 bottiglie (vi assicuro di elevata qualità) senza avere un solo metro quadrato di vigna (qui oramai gli industriali travestiti da finti contadini producono da generazioni vini spumanti fin da prima di Dom Perignon…). Mettete infine che i produttori (poco numerosi) di Trento doc si sono autolimitati nella produzione (oggi arrivata a meno di 8 milioni di bottiglie) per garantire la produzione di vini di montagna (e le cantine vuote di magazzino…), ed in Franciacorta la produzione supera i 17 Milioni di bottiglie, si sono persi il numero di produttori, si piantano vigne in pianura, e si vendono le bottiglie solo dei big… beh, mettete in fila tutto questo, e potrete immaginare come il mio animo anarchico insurrezionalista abbia provato un sussulto di entusiasmo irrefrenabile alla recente degustazione presso l’Associazione Italiana Sommelier delegazione di Brescia di Abate Nero.
Presenti all’evento l’Editore, Tito ed in ultimo lo scrivente, pronti ad affrontare 5 vini del famoso produttore trentino (50.000 bottiglie all’anno senza 1 mq di vigna…). Ed i vini? Seppure non nella loro pienezza espressiva, forse a causa di sboccature troppo recenti, mediamente di elevata qualità.
Super al mio gusto l’Extra Brut (con dosaggio da Nature), senza vendemmia indicata ma riconducibile all’annata 2015: una suadente mela croccante al naso e fiori bianchi primaverili. In bocca ancora molto nervoso, verde, ma degorgiato nel 2018… Acquistabile ad eur 12,50 (qui in Franciacorta nulla di pari qualità a quel prezzo!).
Poi Brut (sempre 2015 non dichiarato): un olfatto delicatissimo seppur non intenso. Esce una nota di cocco e di agrume conturbante. Non mi staccherei mai dal bicchiere… sempre eur 12,50!!!
Di seguito il Brut Rosè: nonostante la gufata di Tito (che aveva recentemente incontrato una bottiglia con qualche difetto) il colore è tenue, tra la buccia di cipolla e la cipria. Un bel bon bon al naso, che scaldandosi diventa chewing-gum. La bocca è fresca, forse un po’ monotematica su un piccolo frutto rosso senza varietà.
Domini Nero 2011. I profilo olfattivo più bello della serata, con personale intensità e notevole finezza. In bocca è ancora “rigido” e molto “arancione” nonostante una sboccatura del 2017. Chissà come e se evolverà?
Cuvée dell’Abate 2008, la stella della serata per la produzione numerica da riserva personale e per il costo non propriamente da primo mercato (eur 27,00): fa fatica ad esprimere grande intensità di profumi; è necessaria una rotazione del bicchiere per accendere il fascinoso richiamo. Si percepisce una mela matura, dolce, gialla, e di nuovo il cocco. Tanto timido al naso, quanto imperioso in bocca: intenso, rotondo, lunghissimo in persistenza. Ritorna questa nota gialla, finisce leggermente amarognolo.
d.c.