Inizia con oggi una nuova “rubrica” che potrei intitolare Sanguis Jovis: ho deciso di dare fondo a tutta la “riserva aurea” della mia cantina, ben stratificata in tema di Sangiovese, con tante (ma tante) bottiglie, la maggior parte storiche. Sarà l’occasione di provare e testimoniare, con i nostri sensi, la tenuta nel tempo del “Sangue di Giove”.
Sabato sera. L’invito da parte di amici storici all’attacco di due “fiorentine” degne di un dinosauro, cotte sapientemente solo sulle braci roventi. Il vino non manca (anzi scorre veramente a fiumi), ma quale migliore abbinamento se non il rosso nato appositamente per accostarsi alla carne, ossia il sangiovese toscano. La scelta è ricaduta su due magnum, una del 2006 e l’altra del 2005, nate lontane dalla terra d’elezione dei Biondi Santi, ossia Scansano, già celebre per la docg del Morellino, ma soprattutto per il sangiovese “grosso”. Qui siamo alle prese con il figlio (Jacopo) del “santo subito” Franco Biondi Santi, in un’interpretazione fuori denominazione: Sassoalloro 2006 e Sassoalloro Oro 2005 (ceralaccato…) dal castello di Montepo’.
Integri, sinamai giovanili, la struttura acida conduce la beva e corregge le morbidezze di un frutto rosso che sta maturando e si sta arrotondando. Il sorso è vivace, scorrevole, piacevole ma in entrambe i casi non vibrante o perlomeno non emozionante. Molto più raffinata la versione Oro, meno calda rispetto alla versione “base” (leggermente più giovane), e che riesce ad allungare grazie ad una finezza superiore. Ma entrambi appaiono sufficientemente omologati. Manca la scossa elettrica… l’oggetto del nostro desiderio.
d.c.
14% volume alcolico… erano gli anni dei vini muscolosi.
… Ma anche 13,5% non scherza!