Per onestà intellettuale devo ammettere che il mio giudizio non potrà mai essere oggettivo: non sono mai stato amante dei Satèn, fin da quando la Franciacorta ne aveva quasi fatto commercialmente il vino di punta. Mi è capitato nell’ultima settimana di incontrarne tre, e tutti tre mi sono sembrati di impostazione identica. Qui mi toccherà penalizzare una cantina (ahimè anche cara, e di cui ho già parlato bene in passato), solo perchè ho conservato le fotografie della vittima, ma state pur certi che recupero anche le altre…
Armonia Satèn di Le Cantorie, DOCG, 13% volume alcolico, sboccatura tardo 2016. Scende nel bicchiere con un bel colore giallo paglierino carico, di perlage non intensissimo e bollicine non propriamente “spilloformi”. Profumi per nulla intensi, seppur fini, ma giocati solo su note di frutta gialla matura (banana ed ananas su tutte), segno di uno chardonnay già maturo sulla pianta. In bocca entra con sufficiente freschezza, che però, non sorretta dalla carbonica, lascia velocemente lo spazio ad una nota dolce, fruttata ma intensamente dolciastra (temo che saremo sopra i 10 gr/litro), che permea il cavo orale peraltro avviluppato da una decisa sensazione di calore. Vino facile, troppo facile, quasi scadente nel banale…
Che si stia strizzando un po’ troppo l’occhiolino al modello Prosecco?
d.c.
Elegantissima etichetta…