Cardass 2015, Luretta, Colli Piacentini doc.

Certificazione BIO; da uve di Sauvignon Blanc.

Giallo paglierino alla vista, meno carico delle attese. Agrumato all’olfatto, con una netta sensazione di pompelmo, ed una rassicurante camomilla di fondo. In bocca imperioso, sorretto da una muscolosità alcolica indomita e da una decisa nota di sapidità; forse pecca leggermente di freschezza. Tornano aromi di agrumi ed ora di pompelmo rosa, più dolce, ed una sensazione amarognola vegetale piacevole che ricorda il gusto del carciofo. L’alcool così importante ne sfalsa la persistenza.

d.c.


La retroetichetta, elegante come il fronte, completa di tutte le informazioni necessarie per leggere il vino.


Tappo signorile e di ottima qualità.

L’abbinamento della cuoca.

Cherubino, Az. agric. Pomodolce in Montemarzino, Vino da Tavola. Marca Obertenga.

Scopro, ma solo dal sito internet (di discreta fattura) che trattasi di un assemblaggio di Barbera al 85% e complemento a Croatina. 4.000 bottiglie prodotte. Raccolto in un mio passaggio per le terre di Tortona.  Presumo, dalla retroetichetta, vendemmia 2013. Note di degustazione? CHE BUONO!!! Inaspettatamente buono, straordinariamente sorprendente! Appare nel bevante con un vivido rosso rubino, sinamai brillante (lo so, lo so che non è l’aggettivo tecnicamente più appropriato, ma ne è sicuramente la caratteristica più rappresentativa). Profumi tenui, puliti, di frutto rosso, molto eleganti. Ma è in bocca l’accelerazione di qualità: molto fresco, avvolgente, con il frutto rosso di prima (forse su tutti il ribes) che rende l’assaggio gustoso ed appagante. Di giusta persistenza, non troppo impegnativa, ma che invita al prossimo sorso (pericoloso visto un grado alcoolico non propriamente di immediata digeribilità). Buono, buono, buono…. what else?

La curiosità invoca il desiderio di rintracciare Timorasso e Nebbiolo dello stesso produttore…

d.c.


Per fortuna almeno l’indirizzo internet… solo per capirne qualcosa di più!

  1. Tappo a vite! Ma il vino ha apparentemente quasi 4 anni, e non solo è perfetto, ma direi che è assolutamente giovane.

Panorama.

Baitinin 2016, Berry and Berry.

Assemblaggio di Vermentino e Pigato per questo vino che osa la tavola snobbando la denominazione e presentandosi con un habillage tipico per un whisky… Potrete immaginare la curiosità. Curiosità ben ripagata da una bevuta di notevole struttura: olfatto pulito, con fiori di campo, ma una decisa e gradevolissima nota salmastra. L’esplosione in bocca, tra una acidità sostenuta e la ribadita nota salina, che allunga i tempi della persistenza gusto olfattiva.

d.c.


Pigato 2016, Enrico Dario, Riviera Ligure di Ponente doc

Ha dentro l’estate questo Pigato, semplice, sincero, che ha accompagnato la straordinaria cena a base di pescato “vivo”.

Prati fioriti. Acidità pulente; ma soprattutto è la nota salina la caratteristica che sorregge la bevuta ed accompagna il naturale abbinamento a piatti ittici, siano essi di crudo, che frutto di una cottura in casseruola. 

Prezzo? Io l’ho pagato 7 Eur! Fuori di testa!

d.c.



Se passate di qui, la sosta è obbligo!

Prosecco Superiore DOCG Extra Dry, Conegliano Valdobbiadone, Le Fade, Az. agric. Luca Ricci.

Le regole sono regole! E la regola che si sono dati, qui in questo cahier dei ricordi, i nostri 3 Winesnobs è che quando un vino non va…. proprio non va! E nonostante la nostra atavica sete, che spesso aiuta a perdonare qualche difettuccio, quando un vino non racconta nulla, è inutile salvarlo alla lettura e soprattutto dal consumo dei nostri innumerevoli lettori!

Inespressivo, senza sostanza: olfatto inesistente, struttura al gusto sorretta esclusivamente da un assaggio ghiacciato. Persino la dolcezza ricercata è sottotono. Dedicato ad aperitivi anonimi…

d.c.


Orvieto, 2008. Conte Ottavio Piccolomini

Un winesnob come me (mi accollo la meravigliosa definizione rubricata nell’altrettanto meraviglioso sito Passionegourmet) non dovrebbe neanche avvicinarsi a vini così! Ed invece la bottiglia riposava, anzi era stata dimenticata nella mia cantina chissà da chi e chissà quando. Poi quale sia stato il motivo per cui ho voluto sfidare le ossidazioni (ed i pregiudizi), proprio non so…

Beh…Signori…Mi dispiace per voi, ma la sorpresa! Il vino è apparso (non solo a me) integro, di puntuale freschezza e di bella presenza di frutto, di piacevole persistenza. Maturo, si, ma non appassito. Ma chi l’avrebbe mai detto?  Anche i vini dei “negozianti” hanno un’anima? 

d.c.


Usti!!!

A tanto si sarebbe spinto il nostro D.T. preso da un precoce entusiasmo da ossidazione dettato dalle note di un Carat 2012 di Bressan, a dire la verità non particolarmente straordinario. Per onore di cronaca sarà poi proprio lui a divenirne il più acceso detrattore.  

Siamo finalmente insieme, in un locale un po’ magico, e con noi due graditissimi ospiti.

La serata inizia con una bollicina: un Franciacorta ben fatto, naturalmente NON DOSATO, paradigmatico della via che secondo noi i produttori franciacortini devono percorrere. La bottiglia evapora rapidamente, la sete è tanta. Raddoppio?…


… No! E’ il momento in cui D.T. si perde nella carta dei vini, approdando ai lidi goriziani di Bressan.

I sentori olfattivi sono interessanti, tra il balsamico e le note rilassanti di una tisana di fiori; puliti ma di una intensità tenue per quanto farcita di ossidazione. Ossidazione che ha inciso sul colore del vino, oramai già virato a colori tra il rosato e l’arancia(ta) pur essendo un assemblaggio del classico Tocai Friulano, Malvasia e Ribolla Gialla. Vendemmia 2012. Vinificazione studiata per produrre vini da invecchiamento: non questo! Debole in tutte le sue caratteristiche organolettiche, persino deludente in punto di acidità al palato. Piatto, senza emozioni. 


A questo punto era necessaria la virata! Al nostro tavolo è presente un grande, grandissimo produttore dell’OltrePo. Perchè ulteriormente rischiare: “Andrea, portaci qualcosa di tuo…” Ed ecco che compare un appena imbottigliato pinot nero, senza etichetta, senza orpelli, ma con un’anima immensa. Semplice, ma non banale, corretto in tutti gli elementi attesi, fresco si (anzi all’inizio anche un po’ freddo…) ma capace fin da subito di zittire gli astanti, segno di fascino e grande profondità. Il vino ti parla, ti racconta della sua sincerità e della sua purezza; il frutto croccante nella sua polpa, ti sfama: ecco l’emozione che cercavamo.

A compimento del miracolo, un regalo: il cuoco, il magico Michele Valotti ci invia un suo regalo, un test per la prossima carta. Perfetto!


Rimaniamo in OltrePo e rimaniamo sulla purezza di un “Sangue di Giuda” tipico, suadente, chiacchierino, che addolcisce il nostro palato ed i nostri pensieri. Sono vini antichi, persa la loro funzione “alimentare”, funzionano da porta sul passato, parlano di chi e cosa eravamo, pur con dialetti diversi.


…la fortuna della felicità…

d.c.