A tanto si sarebbe spinto il nostro D.T. preso da un precoce entusiasmo da ossidazione dettato dalle note di un Carat 2012 di Bressan, a dire la verità non particolarmente straordinario. Per onore di cronaca sarà poi proprio lui a divenirne il più acceso detrattore.
Siamo finalmente insieme, in un locale un po’ magico, e con noi due graditissimi ospiti.
La serata inizia con una bollicina: un Franciacorta ben fatto, naturalmente NON DOSATO, paradigmatico della via che secondo noi i produttori franciacortini devono percorrere. La bottiglia evapora rapidamente, la sete è tanta. Raddoppio?…
… No! E’ il momento in cui D.T. si perde nella carta dei vini, approdando ai lidi goriziani di Bressan.
I sentori olfattivi sono interessanti, tra il balsamico e le note rilassanti di una tisana di fiori; puliti ma di una intensità tenue per quanto farcita di ossidazione. Ossidazione che ha inciso sul colore del vino, oramai già virato a colori tra il rosato e l’arancia(ta) pur essendo un assemblaggio del classico Tocai Friulano, Malvasia e Ribolla Gialla. Vendemmia 2012. Vinificazione studiata per produrre vini da invecchiamento: non questo! Debole in tutte le sue caratteristiche organolettiche, persino deludente in punto di acidità al palato. Piatto, senza emozioni.
A questo punto era necessaria la virata! Al nostro tavolo è presente un grande, grandissimo produttore dell’OltrePo. Perchè ulteriormente rischiare: “Andrea, portaci qualcosa di tuo…” Ed ecco che compare un appena imbottigliato pinot nero, senza etichetta, senza orpelli, ma con un’anima immensa. Semplice, ma non banale, corretto in tutti gli elementi attesi, fresco si (anzi all’inizio anche un po’ freddo…) ma capace fin da subito di zittire gli astanti, segno di fascino e grande profondità. Il vino ti parla, ti racconta della sua sincerità e della sua purezza; il frutto croccante nella sua polpa, ti sfama: ecco l’emozione che cercavamo.
A compimento del miracolo, un regalo: il cuoco, il magico Michele Valotti ci invia un suo regalo, un test per la prossima carta. Perfetto!
Rimaniamo in OltrePo e rimaniamo sulla purezza di un “Sangue di Giuda” tipico, suadente, chiacchierino, che addolcisce il nostro palato ed i nostri pensieri. Sono vini antichi, persa la loro funzione “alimentare”, funzionano da porta sul passato, parlano di chi e cosa eravamo, pur con dialetti diversi.
…la fortuna della felicità…
d.c.