Lo sapevo che prima o poi ci sarei cascato: con questa notte do principio ad una mia piccola rubrica, mille volte pensata ed abbozzata e ripetutamente abortita. È evidente che la mia esperienza lavorativa piacentina mi avrebbe portato a parlare di questi splendidi luoghi ed incantevoli colline nonché dei suoi vini così diversi da quelli che normalmente rincorriamo.Cosa mi ha fatto rompere l’indugio? Una riflessione durante le mie notti insonni riguardante il concetto di qualità nel vino.
Cosa si intende per qualità di un vino? La mera piacevolezza sensoriale è solo soggettività, mentre la qualità deve rappresentare un archetipo di massima oggettività! I disciplinari normativi tutelano prodotto, territorio e soprattutto consumatore, ma di per sé non sono più esclusiva prova di qualità. Le tendenze biologiche e biodinamiche degli ultimi anni chiamano qualità il rispetto del frutto e della sua integrità prima e dopo la vinificazione. Il sottoscritto, che non ha alcuna velleità di indicare una tendenza (…), invecchiando è estremamente attirato dalla capacità di innovazione, ritenendo questa un fattore di qualità suprema.
Tutta questa sbrodolata per spiegare il perché parto tra tutte le cantine del territorio piacentino con quella sicuramente più innovativa e disallineata alla tradizione: Luretta.
Prende il nome dalla bellissima piccola valle, dominata dal magnifico castello medievale di Momeliano nei cui pressi è situata la cantina e nel cui interno riposano ed affinano gli spumanti. Ma nei vini della Luretta di antico non vi è proprio nulla! Qui non troverete nulla di paragonabile a prodotti del territorio anche immediatamente circostante.
La prima frattura di discontinuità con il territorio e fattore di novità che qui andrò a raccontare è un particolarissimo Spumante (metodo classico) rosato da Pinot nero (beh no! credo che il produttore gradisca Pinot noir) “On attend Les Invités” 2011 (ma sboccatura non decifrabile) volume alcolico 13,5%. Rosa carico alla vista, pura buccia di cipolla rossa di Tropea. Frutto rosso, anzi fruttissimo invasivo che fa assaporare mirtilli e fragole di bosco, con una struttura acida che supporta ma che non può coprire un calore e morbidezza prettamente alcolici. Ricorda i transalpini “saignée” ma non ricordo in Italia rosati analoghi di siffatto carattere. Persistenza impressionante. Non necessariamente indimenticabile per gradevolezza, ma sicuramente unico!
d.c.
E come non ringraziare qui il sapiente D.T.ispiratore ed autore del titolo, straordinario ed antico, di questo articolo.