Franciacorta, I love You… VI puntata… Pensavate di esservi liberati di me?

Pronto a partire finalmente per le ferie, in attesa che il nostro Dino ci racconti i suoi eccessi goriziani e che Paolone torni con il suo solito carico di straordinari rosati salentini, ma come facevo…ma come facevo a non salutarvi stappando un Franciacorta.
Sono andato sul sicuro, aprendo un vino che già apprezzo da tempo, un Blanc de noir non dosato della tenuta Villa Crespia della cantina Muratori, il Cisiolo: sempre tagliente, incisivo ma pulito con un equilibrio strabiliante, fra le sue durezze…Il campione sacrificato era sboccatura 2014, ma nella mia cantina trovasi bottiglie (ahimè non più numerose) con sboccatura dal 2012 alla recentissima. Non so se sia il prodotto più venduto dalla cantina, credo però che sia uno dei più indovinati.

Per cui in questo mio saluto di congedo (per qualche giorno…) dalle nostre chiacchiere, anche un invito per una prossima degustazione tecnica di raffronto dello stesso prodotto declinato nella profondità delle sboccature.

Buone vacanze amici miei.

d.c.

Franciacorta, I love You… V puntata… Ma che fine hanno fatto i Saten ?

Oramai mi conoscete bene e saprete come alle morbidezze dello Chardonnay, peraltro poco “gasate”, prediligo le durezze, anzi le spigolosità dei non dosati, ma complice un’apertura inattesa, ho incontrato un piacevole Saten. Ma a tale proposito: che fine hanno fatto i Saten? Si stanno progressivamente estinguendo? Si sta restringendo il mercato ? Stanno cambiando i gusti dei consumatori ? Mi piacerebbe sapere da un produttore cosa stia succedendo. Certo che gli investimenti in passato non si può dire che siano stati risparmiati! E non so quanto siano stati ripagati…Ricordo che meno di una decina di anni fa non si faceva altro che chiedere Saten; poi era diventato il vino per signore. Ma oggi?
Sarà forse questo il motivo per cui mi è poi piaciuto così tanto il Solive Saten (sboccatura Maggio 2013): morbido, elegante, pulito nonostante una temperatura di servizio non perfetta (che avrebbe sottolineato i difetti qualora presenti). Ed invece si è dimostrato molto equilibrato, con una gradevole persistenza. Che sia arrivato il tempo per cominciare ad accatastare i Saten rimasti?
Cascina agrituristica Solive dei F.lli Bariselli, Erbusco.
d.c.

La congrega dei ciciarù

In un mondo, quello del vino, oramai dominato da wine searchers, wine bloggers, wine lovers, wine victims era arrivato il momento giusto perché i 3 wine foolishes di questo blog si incontrassero finalmente attorno ad un tavolo per fare ciò che non necessariamente venga loro meglio, ma sicuramente tra i loro maggiori godimenti: chiacchierare di vino…
Chiacchierare… Trascorrere qualche ora a chiacchierare e stappare senza soluzione di continuità bottiglie su bottiglie.

È un po’ che siamo concentrati sulle bollicine e quella sera una grande bolla ha saturato il nostro cervello.

Ingeneroso il confronto tra il delicato Franciacorta Nature 2010 di Ronco Calino, che già non aveva completamente convinto il mio gusto ma che qui non ha sfoggiato il ritorno amarognolo della prima volta (segno questo che dobbiamo attendere…), e l’imperioso Cuvèe des Grands Vintages, Champagne della maison Eric Rodez: oro nel bicchiere, prezioso e raro all’olfatto ed al palato, con affascinanti pennellate di agrumi (su tutti un distinto bergamotto), infinito nella sua persistenza. Poi un passaggio su un commerciale Pommery, di grande carica “spumosa” con una effervescenza esuberante, ma di struttura non troppo lontana dal leggero Franciacorta. Poi la follia di un Metodo Classico di Cannonau: cosa ti scova sempre l’inquieto Paolone nelle terre della Gallura. Nota ramata alla vista di un vino dalle caratteristiche di fine e sorprendente perlage. Struttura rapida e leggera in bocca, con una nota di vinosità un po’ invasiva; troppo rapido a scappare via. Perché follia? Per un prezzo da Grand Cru! Non contenti (all’approssimarsi del cambio di data) attentiamo alle virtù di un altro Champagne: un Millésime 2010 Cuvèe Prestige (etichetta nera: ricordate che nella tradizione l’etichetta nera è destinata al prodotto di punta della maison?) da Hautvillers. JM Gobillard er Fils. 60% Pinot nero 40% Chardonnay. Forse un po’ fuori temperatura, forse giunto un po’ troppo tardi, ma il nostro è scappato via, senza impressionare gli astanti: naso delicato ma troppo leggero e mai complesso, delicatezza ribadita in bocca, ma anche qui troppo sfuggevole per un ricordo degno. Credo invero indelicato e fuorviante il richiamo in etichetta al “Moine Dom Perignon”. E poi…. Bonne nuit!

d.c.

Tuffi in Trebbia

Un caldo pomeriggio lavorativo piacentino; la volontà di distrarsi con due amici andando a fare, come dei ragazzini, i tuffi nel fiume. E poi incontri amici di vecchia data, gente che non hai mai conosciuto ma che dopo poche parole capisci di avere molte cose in comune ed una serata da condividere: pochi bicchieri della divina bevanda per scoprire che il vero fiume siamo noi… Con 40 oppure 50 od addirittura 70 anni da raccontare in un effluvio senza fine. Che importano le note organolettiche di fronte ad un ricordo così bello oramai impresso nella nostra memoria? imagePoco importa se Grand cru or seulment Premier, vi assicuro assolutamente i migliori!
I primi tre sinceramente semplici, corretti, uno di questi anche banale. Poi, già carichi, il mitico Pinot menieur in purezza di Egly Ouriet “Les Vignes de Vrigny” Premier Cru, riconoscibile per la sua “rusticità”, ma anche per la sua naturale purezza, tra mille. È un vino che amo moltissimo proprio per la sua originalità tutta incarnata nel solco della tradizione: dopo esclusivi Chardonnay e Pinot noir, tutti Grand cru e dal prezzo paragonabile ad un gioiello evviva evviva l’umile, ma generoso, Pinot “mugnaio” tanto bistrattato, ma tanto buono e ruspante (come dopo tutto siamo noi…) nonché no so expensive. (Nota tecnica “passage en cave” 46 mesi; degorgement Maggio 2013).
Chiusura con un altro Champagne della tradizione: il Cramant per antonomasia, Blanc de Blancs Grand Cru Lilbert-Fils. Anche questa, come mia abitudine, era una bottiglia dimenticata in cantina: alla classica struttura acida si affianca un frutto dolcissimo, riportando a memoria l’idea che mi sono fatto degli Champagnes delle origini: in bocca una leggera nota ossidativa trasforma questa dolcezza finissima in miele, corroborando le mie convinzioni…

d.c.

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